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L'ASSEMBLEA E LE MAGGIORANZE E A  CHI RIVOLGERSI IN CASO DI LITE                                              

 

CASI, DUBBI E SOLUZIONI:

 

RUMOROSITA', ESALAZIONI E SALUTE: Siamo nel campo delle immissioni di rumore, displiplinato dall'art. 844 del codice civile. Il rumore costante  crea innegabilmente situazioni di fastidio, ostacola le relazioni sociali e impedisce il normale svolgimento delle attività creative e, non da ultimo, dei momenti di riposo. Le immissioni di rumore eccedenti la normale tollerabilità implicano di per sè una lesione del diritto alla salute intesa nel senso più ampio del diritto all'equilibrio e al benessere psicofisico. E' pertanto possibile ricorrere al giudice anche in via d'urgenza ( ex art. 700 c.p.c.) per richiedere che, previo accertamento dell'entità del rumore lamentato, venga ordinato al condominio di assumere i provvedimenti più idonei per eliminare, o se non altro fortemente attenuare, il rumore stesso.

ABUSIVISMO: È un atto o fatto commesso in violazione di norme di diritto urbanistico che può comportare l’applicazione, anche congiunta, di sanzioni amministrative, civili, fiscali e penali.
Sanzioni amministrative - La vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale è esercitata dal Sindaco, al quale spetta perciò il compito di assicurare la rispondenza delle costruzioni alle prescrizioni urbanistiche vigenti ed alle modalità esecutive fissate nella concessione edilizia.
Il Sindaco, accertato un illecito urbanistico, ha il potere di ordinare l’immediata sospensione dei lavori, con effetto fino all’adozione dei provvedimenti sanzionatori definitivi che devono essere adottati e notificati entro 60 giorni dall’ordine di sospensione dei lavori; in caso contrario l’ordine del Sindaco perde efficacia. I provvedimenti sanzionatori definitivi sono correlati alle diverse ipotesi di illecito:
— opere eseguite in assenza di concessione edilizia: il Sindaco ingiunge la demolizione. Se il responsabile dell’abuso non provvede all’esecuzione dell’ordine e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di 90 giorni dall’ingiunzione, l’immobile (con la relativa area di sedime e con quella di pertinenza) è acquisito gratuitamente al patrimonio del Comune; segue, quindi, la demolizione a cura del Comune ma a spese del contravventore (salvo che l’opera possa essere utilizzata per prevalenti finalità pubbliche e non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali);
— opere eseguite in totale difformità della concessione edilizia o con variazioni essenziali: il regime sanzionatorio amministrativo è sostanzialmente equiparato a quello delle opere totalmente abusive;
— opere eseguite in parziale difformità dalla concessione edilizia: il Sindaco ordina la demolizione assegnando un termine non superiore ai 120 giorni, scaduto il quale le opere sono demolite a cura del Comune.
Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte conforme, il Sindaco applica una sanzione pecuniaria pari al doppio del costo di costruzione (se l’edificio è ad uso residenziale) della parte dell’opera realizzata in difformità, e pari al doppio del valore venale per le opere adibite ad uso diverso da quello residenziale;
— opere eseguite senza denuncia di inizio attività: è prevista una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore venale dell’immobile.
Le sanzioni amministrative urbanistiche prescindono dalla sussistenza di un danno e di un coefficiente soggettivo di responsabilità (in quanto sono applicabili anche in ipotesi di violazioni incolpevoli).
Sanzioni civili - L’art. 17 della L. 47/85 sancisce la nullità degli atti tra vivi aventi per oggetto il trasferimento (o la costituzione o scioglimento della comunione) di diritti reali relativi ad edifici privi di concessione edilizia (ma anche realizzati in totale difformità ovvero con variazioni essenziali) la cui costruzione abbia avuto inizio dopo il 17 marzo 1985.
Sanzioni fiscali - Per le opere edificate in violazione del regime concessorio (non di quello autorizzatorio) è sancita, inoltre, la perdita delle agevolazioni fiscali, nonché di eventuali contributi o altre provvidenze dello Stato e di enti pubblici.
La decadenza da tali benefici, tuttavia, si applica solo per abusi di una certa entità (violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che eccedono, per ogni singola unità immobiliare, il 2% delle misure prescritte), ovvero nel caso di mancato rispetto delle destinazioni e degli allineamenti indicati negli strumenti urbanistici.
Sanzioni accessorie - È fatto divieto alle aziende erogatrici di servizi pubblici di somministrare le loro forniture per l’esecuzione di opere prive di concessione nonché ad opere prive di concessione ad edificare iniziate dopo il 30-1-1977 e per le quali non siano stati stipulati contratti di somministrazione anteriormente all’entrata in vigore dell
a L. 47/85 (art. 45, L. 47/85). Le sanzioni penali, invece, riguardano i reati edilizi. (fonte Edizioni Simone)

DECORO ARCHITETTONICO: per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall' art. 1120 cod. civ., deve intendersi l' estetica data dall' insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica, fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico. L' indagine volta a stabilire se, in concreto, un' innovazione determini o meno alterazione del decoro architettonico, è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se congruamente motivato.

 

ANIMALI IN CONDOMINIO  E RUMOROSITA':

Tratto dalla rivista L'Ufficio Tecnico, Maggioli Editore
PROBLEMI DI CONDOMINIO
Rumori molesti e cani "condominiali"
cura di Emilio Annunziata
Dottore in Giurisprudenza

L'Autore, dopo aver ricordato che sono frequenti le liti nell'ambito del condominio negli edifici (art.1117 c.c.), senza così smentire la tradizione (i romani dicevano communio est mater rixarum), commenta una recente sentenza della Corte Suprema di Cassazione, che ha esaminato alcuni aspetti della vita condominiale: a)i rumori che provengono dall'appartamento del condominio vicino; b) i cani che invadono gli spazi condominiali, che così recano agli abitanti molestie e disturbi (se non pericolo per l'incolumità dei condomini).

1. Le aule giudiziarie sono spesso chiamate a dirimere controversie concernenti il condominio negli edifici (art.1117 e ss. c.c.).
Non sempre si riesce, con le vie ordinarie, ad evitare il contenzioso tra i condomini, per cui il ricorso al giudice è frequente. Per convincersene, basti esaminare i repertori della giurisprudenza, che dedicano ampi spazi alle controversie condominiali.
E' interessante conoscere una recente sentenza della Corte Suprema di Cassazione, nella materia che c'interessa.
2. Con sentenza 3 novembre 2000 n. 14353, la Corte di Cassazione ha affermato i seguenti principi:
L'accertamento delle cause che determinano immissioni moleste nel fondo altrui non influisce sul giudizio di tollerabilità delle stesse, da effettuarsi secondo i criteri indicati dall'art.844 c.c., con la conseguenza che, una volta accertata l'esistenza della propagazione molesta e stabilito il suo grado di tollerabilità, l'individuazione delle cause può servire soltanto per stabilire le eventuali misure da adottare per la sua eliminazione (nella specie, immissioni provenienti dal bagno del vicino).
L'usare gli spazi comuni di un edificio condominiale facendovi circolare il proprio cane senza le cautele richieste dall'ordinario criterio di prudenza (come museruola, guinzaglio) può costituire una limitazione non consentita del pari diritto che gli altri condomini hanno sui medesimi spazi, se risulti che la mancata adozioni delle suddette cautele impediscono loro di usare liberamente degli spazi comuni.
3. Per meglio comprendere il ragionamento seguito dai giudici di legittimità, è opportuno riportare i passi salienti della motivazione della sentenza n. 14353 indicata (incominciando dai rumori molesti che provenivano dal bagno del vicino nell'edificio condominiale).
E' opportuno premettere che il giudice di pace, in prima istanza, aveva ordinato al proprietario dell'appartamento da cui provenivano le immissioni sonore (art.844 c.c.) di rivestire le tubazioni d'adduzione e di scarico del bagno con una guaina neoprenica, in modo da isolare l'impianto idrico dalla parete confinante.
E, per quanto riguarda il cane, aveva ordinato allo stesso convenuto di tenerlo a guinzaglio e con museruola, quando si trovava negli spazi comuni.
La prima decisione era stata confermata in appello (e, poi, è stata confermata in Cassazione).
A)"Ed, infatti, dopo aver rilevato che il rumore ambientale raggiungeva, in orario prossimo a quello considerato notturno dal d.P.C.M. 1° marzo 1991 un livello di poco inferiore a quello vietato, la sentenza ha ritenuto che le immissioni superavano la normale tollerabilità soprattutto in considerazione del fatto che esse si verificavano nella camera da letto, per sua natura destinata al riposo delle persone nelle ore notturne.
In relazione al ragionamento seguito dal giudice d'appello appare giustificata la mancata rilevazione del rumore nelle ore notturne, ritenuta implicitamente superflua ove si consideri che il medesimo rumore, in tale ore, sarebbe stato ancor meno tollerabile, senza necessità d'ulteriore verifica.
Né risulta illogico il ricorso al criterio differenziale, utilizzato non già in applicazione del d.P.C.M., ma nell'esercizio del potere, che è proprio del giudice di merito, d'apprezzamento delle risultanze probatorie.
Infine, per quanto riguarda la questione sub c), va rilevato che, alla luce dei criteri stabiliti dall'art.844, c.c., l'accertamento delle cause che determinano immissioni moleste nel fondo altrui non influisce sul giudizio di tollerabilità delle stesse, da effettuarsi secondo i criteri all'uopo indicati dalla norma, cui è estraneo il criterio della colpa. Pertanto, una volta accertata l'esistenza della propagazione molesta e stabilito, secondo i criteri dettati dall'art.844, il suo grado di tollerabilità, l'individuazione delle cause può servire soltanto per stabilire le eventuali misure da adottare per la sua eliminazione. Nella specie, quindi, la mancata dimostrazione della dipendenza causale delle immissioni dei lavori effettuati dal sig. X nel bagno del suo appartamento non faceva venire meno né l'esistenza delle immissioni, né l'intollerabilità delle stesse ed è perciò del tutto irrilevante che la questione non sia stata presa in considerazione dal giudice d'appello, trattandosi di questione non decisiva".
B)Per quanto riguarda i cani negli spazi condominiali, la sentenza n. 14353, osserva:
"Contrariamente a quanto si afferma nel ricorso, il giudice d'appello non ha applicato l'art.2052 c.c., ma, in relazione alla domanda che era stata proposta dall'attore, di adottare cioè misure idonee a far cessare le situazioni di pericolo determinate dal cane husky che il sig. X lasciava circolare negli spazi comuni privo di museruola e guinzaglio (fatto questo, pacifico in causa), ha provveduto a disciplinare, nell'ambito della competenza esclusiva attribuitagli dall'art.7, n. 2, c.p.c., nella maniera da lui ritenuta più conveniente al caso concreto, l'uso delle cose comuni.
Ed, infatti, il diritto di cui è titolare ciascun condomino di usare e godere delle cose di proprietà comune a suo piacimento trova limite nel pari diritto d'uso e di godimento degli altri condomini. Pertanto l'usare degli spazi comuni di un edificio in condominio facendovi circolare il proprio cane senza le cautele richieste dall'ordinario criterio di prudenza può costituire una limitazione non consentita del pari diritto che gli altri condomini hanno sui medesimi spazi, se risulti che la mancata adozione delle suddette cautele impedisce loro di usare e godere liberamente degli spazi comuni".
4. Dopo aver riportato il ragionamento della Corte Suprema sugli aspetti delle questioni esaminate, è utile far seguire un breve commento.
Per quanto concerne l'applicabilità dell'art.844 c.c. (in tema d'immissioni) al condominio negli edifici, la giurisprudenza era già orientata nel senso dell'applicabilità della norma indicata (v., tra le altre, Corte App. Milano, 12 dicembre 1995, in Arch. Locazioni 1996, 753)
La sentenza n. 14353 della Corte Suprema conferma (almeno implicitamente) l'indicato orientamento giurisprudenziale.
Come criterio generale, il giudice deve stabilire il limite di tollerabilità delle immissioni con prudente apprezzamento, utilizzando all'uopo come parametri essenziali di valutazione la condizione dei luoghi e le attività normalmente svolte in un determinato contesto produttivo e, quindi, avendo riguardo al sistema di vita e alle correnti abitudini della popolazione del luogo (Cass., 11 ottobre 1995 n. 10588).
5. Per quanto riguarda i cani negli spazi condominiali, si ricorda che le relative questioni sono state portate nelle aule giudiziarie.
Dall'esame della giurisprudenza in materia, si rinvengono i seguenti precedenti giurisprudenziali:
a)Trib. Napoli, 25 ottobre 1990 (Giur. It., 1991, I, 2, 500 con nota favorevole di Manera, Cani "condominiali" e provvedimenti d'urgenza), secondo cui il giudice può ordinare l'allontanamento di cani ed animali da appartamenti in condominio quando recano disturbi e molestie con latrati, pericoli d'aggressioni, depositi d'escrementi negli spazi comuni, con provvedimento d'urgenza ex art.700 c.p.c., affidandone l'esecuzione ad organi di polizia (nella specie, il divieto di tenere animali in appartamenti era stabilito in regolamento di condominio di natura contrattuale ed i cani erano soliti invadere gli spazi comuni aggredendo e depositando escrementi, senza alcun controllo da parte dei proprietari degli animali);
b) se il regolamento che fa divieto di tenere cani (o altri animali) negli appartamenti in edifici condominiali non ha natura contrattuale, non può ritenersi efficace il divieto in materia approvato dalla maggioranza dei condomini, essendo necessario il consenso di tutti i condomini (Cass., 4 dicembre 1993, n. 12028);
c)Trib. Piacenza, 10 aprile 1990, (Arch. locazioni, 1990, 287) ha ritenuto che la detenzione di un animale può integrare la fattispecie prevista dall'art.844 c.c., per cui possono essere adottate le misure necessarie per far cessare le molestie ed i disturbi (e tanto sul rilievo che i cani abbaiano, sporcano e mandano cattivi odori).