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Ultimo aggiornamento martedì 15 agosto 2006

Lettere al Direttore: scrivi a  webmaster@mi-lorenteggio.com


 
Egregio Direttore,
 
sono un semplice cittadino e desidero citare alcuni fatti che ho visto e sentito riguardo l’assunzione di psicofarmaci.
Due mie colleghe di lavoro che avendo avuto dei problemi tipo ansie, depressioni, cose che possono colpire un po’ tutti, gli erano stati prescritti degli psicofarmaci che, detto poi da loro, gli avevano creato più problemi, come sentirsi “intontite” e “drogate” e nessuna soluzione ai loro stati psicologici.
Nella mia zona, in alcune case di riposo, ho visto personalmente molti anziani dallo sguardo assente e movimenti simili a robot, cui vengono somministrati giornalmente dosi di psicofarmaci; tra l’altro basta leggere sulle istruzioni d’uso gli effetti collaterali e ci si rende conto di cosa si ha tra le mani.
E cosa ancora più vergognosa, ho sentito recentemente la notizia dell'autorizzazione alla prescrizione di psicofarmaci devastanti, tipo Prozac a bambini fin dagli 8 anni di età!
Ma da che mondo è mondo le persone hanno sempre vissuto momenti di frustrazione più o meno intensa, o momenti difficli ma non per questo si risolvevano con le pillole.
Ora io mi chiedo ma è mai possibile che adesso le emozioni del vivere la psichiatria le ha ridefinite come malattie mentali a tutti gli stadi di età? Mi sembra molto stupido ridurre gli stati d'animo a malattie, è come se si voglia creare l'idea di un mondo malato e fornire le pastiglie per curarlo, ma con le "pastiglie" non si va lontani, anzi forse è meglio restare un po' svegli e rendersi conto di ciò che sta accadendo per affrontarlo meglio. La cosa che mi preoccupa è vedere che vengono colpiti anche anziani e bambini che spetta a noi difendere, magari anche con un po' d'aiuto da parte delle istituzioni.
 
Franco Veronese
 

Perché voterò NO al referendum del 25-26 giugno
DOMENICA 18/06/2006 - Il referendum che deciderà il destino delle riforme alla costituzione voluta dal passato Governo è passato erroneamente alla storia come “il referendum della Devolution”. In realtà non si tratta solo di questo. Infatti vengono stravolte le figure di Primo Ministro e di Presidente della Repubblica e vengono cambiati i criteri di nomina di Consiglio Superiore della Magistratura e della Corte Costituzionale.
In caso di vittoria del “Sì”, oltre all’unità del Paese, si screditerebbe fortemente il principio di divisione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) che, a partire da Montesquieu, è stato considerato quale elemento essenziale per il corretto funzionamento dello Stato Moderno.  Infatti la figura del Primo Ministro, ritagliata sulle fattezze del Cavaliere, si troverebbe a gestire una mole di poteri che non ha eguali nella storia repubblicana. Al “Premier” competerebbero nomina e revoca i ministri; delineamento (prima “coordinamento” – anche le parole, in una costituzione, hanno una loro intrinseca importanza)  delle linee guida del governo e l’eventuale decisione di sciogliere le Camere. Inoltre, al momento dell’insediamento, che diventerebbe automatico in seguito alla vittoria delle elezioni, non avrebbe più bisogno di ottenere la fiducia. I fautori della riforma hanno obbiettato che, di fatto, anche in altri e progrediti Paesi il Primo Ministro vanta simili poteri. Non è che un quarto di verità. Ovunque esistono barriere ben definite che delimitano l’azione del capo del Governo. Ad esempio attraverso le cosiddette cariche di garanzia. Su tutte è emblematico il caso del Presidente della Repubblica. Questi diventerebbe uno spettatore con “obbligo di firma” di fronte all’azione dell’esecutivo e la Sua figura rientrerebbe nell’alveo della mera rappresentanza. Fino ad oggi (come descritto in tabella), il Capo dello Stato non ha assolto solo a queste funzioni. Questa differenza forse non è chiara se in mente scorrono le immagini del Pres. Ciampi durante i Suoi viaggi. Ma verrà sicuramente ravvivata dalle volitive prese di posizione dei Suoi due predecessori, Cossiga e Scalfaro. Quindi, in sintesi, è evidente come, negli intenti della Riforma, buona parte dei poteri del Presidente della Repubblica venga traslato al “Premier”.
Tornando allo “smacco” perpetrato ai danni di Montesquieu, è interessante notare come aumenti il peso della politica nelle nomine del CSM e della Corte Costituzionale. Nel primo caso viene meno l’obbligo dei consiglieri di vantare competenze nel settore del diritto, nel secondo aumenta il numero di giudici eletti dal Parlamento. È da sempre argomento di discussione e priorità assoluta svincolare la magistratura dalla politica – tanto che anche sull’attuale assetto ci sarebbe qualcosa da ridire – ma la riforma va proprio in senso opposto.
Capitolo a parte, la Devolution. Il Senato diventerebbe federale e alle Regioni competerebbe legislazione esclusiva su assistenza e organizz. sanitaria, organizzazione scolastica, polizia amministrativa regionale e locale. Oltre ad aggravare le già esistenti disuguaglianze, in alcune regioni sarebbe a rischio l’erogazione di servizi essenziali, facendo venir meno, e qui forse è l’assurdo giuridico, diritti garantiti dall’attuale carta costituzionale.
Non sono assolutamente chiare, inoltre, le modalità d’azione del Senato federale. La riforma lascia spazio a differenti spunti interpretativi e si teme che una sua attuazione condurrebbe al continuo ricorso alla Corte Costituzionale e Commissioni varie. Il che complicherebbe enormemente il già travagliato iter burocratico.
L’idea di federalismo mi ha sempre affascinato, ma ricordo che questo può diventare sinonimo di efficienza solo se serve a snellire la macchina amministrativa e se viene interessato l’ambito fiscale.
Con la riforma della CdL tutto ciò non avviene.
Voglio precisare un’ultima questione: nella Sinistra italiana esistono più anime. E questo lo sappiamo. Sottolineo però come, accanto a spinte retrograde e integraliste che sono sempre contrarie ai cambiamenti, alle opere pubbliche e a nuove idee perché avverse a paradigmi o idola di più di duecento anni; esistono anche tendenze riformatrici (preferisco la parola “progressiste”) che guardano avanti con interesse. Mi sento più vicino a queste seconde. E, pur rendendomi conto che anche nella “Santa” Costituzione Italiana ci sono aspetti da cambiare perché trattasi di un testo ben scritto ma sessantenne, non sottoscrivo le modifiche proposte dalla Destra per i motivi sopra elencati.

Simone Negri


 

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