TAR
Lombardia, Milano, sez. III,
13/4/2004 n. 1451
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Lombardia
sezione 3a ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 3042/03,
proposto da
ECOL SERVICE s.r.l., con
sede in Corsico, in persona
del legale rappresentante
pro tempore, rappresentata e
difesa dall’avv. Maurizio
Saladino ed elettivamente
domiciliata presso lo studio
dello stesso in Milano,
viale Regina Margherita 43
contro
COMUNE DI CESANO BOSCONE, in
persona del Sindaco pro
tempore, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Giorgio
Roderi e Angela Ruotolo, con
domicilio eletto presso lo
studio degli stessi in
Milano, via Vincenzo Monti
34
e nei confronti di
MANUTENCOOP s.c. a r.l., con
sede in Zola Pedrosa in
persona del legale
rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli
avv.ti Stefano Baccolini,
Francesco Rizzo e Pietro
Quadri, con domicilio eletto
presso lo studio di quest’ultimo
in Milano, via Santa Tecla 5
SPAZIO APERTO SERVIZI Coop.
Sociale di Solidarietà a
r.l., con sede in Milano in
persona del legale
rappresentante pro tempore,
non costituita
per l’annullamento
dei provvedimenti recanti la
determinazione di affidare a
trattativa privata il
servizio di pulizia manuale
del suolo pubblico e di
gestione della piattaforma
comunale di via Vespucci e
l’affidamento dei servizi
medesimi, rispettivamente
alla Manutencoop s.c. a r.l.
e a Spazio Aperto soc. coop.
a r.l., unitamente a tutti
gli atti e provvedimenti ad
essi preordinati,
consequenziali o comunque
connessi, fra cui
specificamente i contratti
eventualmente stipulati con
le società citate;
*e sui motivi aggiunti
proposti da ECOL SERVICE
s.r.l., come sopra
rappresentata e difesa
per l’annullamento
della deliberazione di
Giunta comunale n.86
dell’8 luglio 2003;
della determinazione del
Direttore del Settore
Territorio e Ambiente n.668/03
del 6 ottobre 2003;
della determinazione del
Direttore del Settore
Territorio e Ambiente n.733/03
del 28 ottobre 2003;
della determinazione del
Direttore del Settore
Territorio e Ambiente n.718/03
del 21 ottobre 2003;
delle ordinanze sindacali n.17
del 31 ottobre 2003 e n.19
del 14 novembre 2003 rese
nelle more del giudizio;
e per la condanna
al risarcimento del danno in
forma specifica o per
equivalente dei pregiudizi
patiti e patiendi dalla
ricorrente a causa degli
atti in epigrafe e dei
comportamenti comunali;
visto il ricorso notificato
a mezzo fax in data 5
novembre 2003 e depositato
in data 6 novembre 2003;
visti gli atti di
costituzione in giudizio del
comune di Cesano Boscone e
della Manutencoop s.c. a
r.l.;
visti i motivi aggiunti di
impugnazione notificati in
data 26 novembre 2003 e
depositati l’1 dicembre
2003;
viste le memorie difensive
delle parti;
uditi alla pubblica udienza
del 22 gennaio 2004,
relatore il cons. Domenico
Giordano, l’avv. Maurizio
Saladino per la ricorrente,
l’avv. Giorgio Roderi per
il comune resistente e
l’avv. Paolo De Gaspari,
in delega, per la
controinteressata;
visti gli atti tutti della
causa;
ritenuto quanto segue in:
FATTO
Con il ricorso introduttivo
del giudizio la ECOL SERVICE
s.r.l. espone di aver
svolto, a seguito di gara
pubblica indetta dal Comune
di Cesano Boscone, il
servizio di pulizia manuale
del suolo pubblico e di
gestione della piattaforma
ecologica per il biennio
2001/02 e, in regime di
proroga, per il successivo
periodo fino al 31 ottobre
2003.
La stessa afferma di essere
stata informata, a mezzo
delle note comunali 28
ottobre 2003, che i servizi
medesimi, frazionati in due
lotti, erano stati affidati,
a seguito di procedure ad
evidenza pubblica e a far
data dall’1 novembre 2003,
rispettivamente alla
MANUTENCOOP s.c. a r.l. e
alla Cooperativa sociale
SPAZIO APERTO.
Lamenta quindi la violazione
dei principi di libera
concorrenza, di legalità,
di buon andamento ed
imparzialità della P.A.,
nonché dell’art.24 l.n.289/02,
per il rilievo che
l’affidamento dei servizi
è avvenuto a mezzo di
procedura negoziata, non
preceduta dalla
pubblicazione del bando, e
senza motivare il mancato
invito del concessionario
uscente.
L’amministrazione
comunale, costituitasi in
giudizio, ha eccepito
l’inammissibilità e
l’infondatezza del
ricorso, provvedendo altresì
al deposito della
documentazione di causa.
Anche la controinteressata
MANUTENCOOP s.c. a r.l. si
è costituita in giudizio
per dedurre
l’inammissibilità e
l’infondatezza del
ricorso.
Con atto ritualmente
notificato e depositato, la
ricorrente ha proposto
motivi aggiunti di
impugnazione avverso i
provvedimenti dei cui
estremi e contenuto ha avuto
notizia a seguito del
suindicato deposito.
Con ordinanza n.1993 del 12
novembre 2003 è stata
accolta la domanda di
sospensione cautelare dei
provvedimenti impugnati, ma
la pronuncia è stata
successivamente riformata in
appello con l’ordinanza n.5414
del 9 dicembre 2003.
Le parti hanno depositato
memorie, nelle quali
ribadiscono le rispettive
tesi difensive e insistono
nelle conclusioni già
rassegnate.
All’udienza, dopo la
discussione delle parti, il
ricorso è stato trattenuto
dal Collegio per la
decisione.
DIRITTO
1) In via preliminare devono
esaminarsi le questioni in
rito.
2) E’ stata eccepita
l’inammissibilità del
ricorso, per il rilievo che
lo stesso è stato proposto
in forma cumulativa avverso
due distinti provvedimenti,
assunti in esito a procedure
separate e privi di elementi
di connessione; il che
determinerebbe confusione
per effetto dell’accumulo,
in unico giudizio, di
controversie tra loro
affatto differenti, aventi
ad oggetto: l’una l’atto
di aggiudicazione, in esito
a procedura negoziata, del
servizio di spazzamento
manuale del suolo pubblico e
l’altra l’affidamento
diretto a cooperativa
sociale della gestione della
piattaforma ecologica per il
conferimento dei rifiuti.
L’eccezione non ha
fondamento.
Come (nel contesto della
successiva eccezione)
riconosce la stessa difesa
comunale, i provvedimenti in
questione trovano il loro
comune presupposto nella
deliberazione della Giunta
comunale n.86/03,
anch’essa fatta oggetto di
impugnazione. Il che
evidenzia quel collegamento
funzionale tra i
procedimenti che giustifica
la concentrazione in unico
giudizio della vicenda
controversa.
Inoltre la ricorrente, che
ha in precedenza gestito i
servizi di cui trattasi in
forza di unico affidamento,
sostiene, tra l’altro, che
l’amministrazione comunale
ha proceduto al
frazionamento dei servizi,
prima espletati in forma
integrata, al fine
illegittimo di sottrarre il
valore complessivo del loro
insieme al limite di
applicabilità delle
procedure in economia di cui
all’art.3 D.P.R. n.384/01
ed evitare l’altrimenti
necessario ricorso alle
procedure ad evidenza
pubblica.
In tale quadro è manifesta
l’esigenza di procedere
all’esame in unico
contesto delle questione
sollevate con le dedotte
censure.
3) Si è ulteriormente
eccepita l’inammissibilità
del ricorso introduttivo per
la mancata impugnazione
dell’atto presupposto
costituito dalla
deliberazione di Giunta
comunale n.86/03 e la
tardività
dell’impugnazione che è
stata proposta avverso detta
delibera con i motivi
aggiunti.
Nemmeno questa eccezione ha
fondamento.
Anteriormente alla
presentazione del ricorso,
alla società ricorrente
erano state trasmesse
unicamente le note 28
ottobre 2003, nelle quali
non è contenuto alcun
richiamo alla deliberazione
G.C. n.68/03. L’esponente
ha potuto acquisire
conoscenza dell’esistenza
e del contenuto di detta
delibera soltanto a seguito
della sua produzione in
giudizio, avvenuta mediante
deposito il 10 novembre
2003; rispetto a tale data
ha tempestivamente proposto
impugnazione a mezzo dei
motivi aggiunti notificati
il 24 novembre 2003.
L’eccezione di tardività
deve quindi essere respinta,
non avendo la difesa
resistente dimostrato che la
conoscenza dell’atto è
avvenuta anteriormente alla
data suindicata.
4) Sul rilievo che il
gravame si incentri
nell’affermazione
dell’obbligo
dell’amministrazione di
affidare i servizi pubblici
esclusivamente a mezzo di
procedura ad evidenza
pubblica, in forza
dell’art.24 primo comma
l.n.289/02, si assume infine
l’inammissibilità del
ricorso per difetto di una
condizione dell’azione; ciò
per il rilievo che la norma
invocata è stata abrogata
con l’art.15 d.l. 30
settembre 2003 n.269, conv.
in l.n.326/03.
L’eccezione è del tutto
destituita di fondamento,
non potendosi dubitare della
astratta possibilità di
pronunciare il richiesto
annullamento degli atti
impugnati.
Altra questione, che attiene
evidentemente alla
fondatezza dell’azione, e
quindi al merito della
controversia, è quella
della vigenza di una norma o
di un principio che possa in
ipotesi avvalorare la tesi
-esposta nel ricorso-
dell’obbligo di procedere
all’affidamento dei
servizi a mezzo di
espletamento di gara
pubblica.
5) A tale riguardo, e
venendo all’esame, nel
merito, del primo motivo di
censura, il Collegio osserva
quanto segue.
La società ricorrente
sostiene che l’affidamento
dei servizi di igiene urbana
è avvenuto a mezzo di
procedura negoziata non
preceduta dalla
pubblicazione del bando di
gara; in tale condotta
l’esponente ha ravvisato
la violazione dell’art.24
della legge 289/02 che
impone alle pubbliche
amministrazioni che
intendano aggiudicare
appalti pubblici di servizi
l’esperimento di procedure
ad evidenza pubblica, anche
quando il valore del
contratto superi l’importo
di 50.000 euro.
La replica delle difese
resistenti è incentrata sul
rilievo dell’avvenuta
abrogazione (ad opera
dell’art.15 d.l. n.269/03)
della norma invocata dalla
ricorrente e nella
legittimità del ricorso
alla trattativa privata
secondo il modello delineato
dagli artt.5 e 6 D.P.R. n.384/01
per l’acquisizione in
economia di beni e servizi,
trattandosi di appalti di
servizi che non eccedono la
soglia di 200.000 euro
fissata dall’art.1 del
D.Lgs.n157/95. Si assume
altresì la legittimità
dell’affidamento diretto
del servizio di gestione
della piattaforma a mezzo di
convenzione con Cooperativa
sociale, ai sensi dell’art.1,
primo comma lett.b, l.n.381/91.
Il collegio ritiene fondata
la censura, anche se per
motivi non del tutto
coincidenti con quelli
enunciati nel motivo.
Vengono qui in
considerazione il servizio
di spazzamento delle strade
comunali e il servizio di
gestione della piattaforma
ecologica per la raccolta
differenziata di rifiuti
solidi urbani;
nell’esecuzione di tali
servizi che formano oggetto
dei contestati affidamenti,
le prestazioni richieste
alle imprese affidatarie
sono rivolte non già a
vantaggio
dell’amministrazione, ma
riguardano, in modo
generalizzato, la
collettività locale
rappresentata dal comune.
Gli affidamenti in questione
sono quindi volti alla
produzione di attività
riconducibili nell’ambito
dei servizi pubblici locali
di rilevanza economica, i
quali sono retti da una
disciplina speciale.
La norma di riferimento,
diversamente da quanto
sostenuto dalle difese
resistenti, va allora
rinvenuta nell’art.113 del
D.Lgs. n.267/2000, come
sostituito dall’art.35 l.n.448/01,
il quale, a seguito delle
ulteriori modifiche
introdotte dall’art.14
d.l. n.269/03 conv. in l.n.326/03,
dispone al suo quinto comma
che “l’erogazione del
servizio avviene…con
conferimento della titolarità
del servizio: a società di
capitali individuate
attraverso l’espletamento
di gare con procedure ad
evidenza pubblica”.
Come la giurisprudenza non
ha mancato di precisare, la
previsione modifica il
sistema previgente nel senso
di imporre lo svolgimento di
una selezione pubblica per
la scelta del titolare del
servizio di gestione dei
rifiuti solidi urbani (cfr.
TAR Puglia Lecce II 3 marzo
2003 n.638).
La possibilità di derogare
a tale obbligo deve
ritenersi consentita nelle
sole ipotesi, che qui non
rilevano, di affidamento
diretto a società a
capitale misto nelle quali
il socio privato sia stato
individuato a mezzo di
procedure ad evidenza
pubblica e di affidamento in
house a società a dominanza
pubblica (numeri 2 e 3 della
nuova formulazione della
norma dopo le modifiche
apportate con l’art.14 cit.),
senza che possano assumere
rilievo il valore di stima
del servizio da affidare o
la natura solidaristica del
soggetto affidatario.
E, in proposito, si è anche
avvertito che la vigenza del
periodo transitorio per il
passaggio al nuovo regime
non riveste valore ostativo
all’immediata applicazione
del nuovo modello
gestionale, che è
incentrato nella selezione
del gestore a mezzo di
procedure ad evidenza
pubblica (cfr. CdS V 6
maggio 2003 n.2380).
Nella stessa direzione si
indirizza l’orientamento
tratto dall’art.113 del
D.Lgs. n.267/2000, che il
Collegio condivide, secondo
cui l’affidamento a
imprese private delle
concessioni di servizi
pubblici deve sempre
avvenire con
l’espletamento di
procedure ad evidenza
pubblica e nel rispetto
delle regole di estrazione
comunitaria, quali la libera
prestazione di servizi, la
parità di trattamento e la
proporzionalità (cfr., CdS
V 30 aprile 2002 n. 2294;
id. 22 luglio 2002 n.4012).
Gli affidamenti in questione
risultano quindi disposti in
violazione della suindicata
normativa, che costituisce
attuazione di principi
generali in materia di
concorrenza e che impone il
ricorso a gare pubbliche per
la selezione degli
affidatari dei servizi
pubblici.
6) E’ fondata anche la
censura esposta nel primo
motivo aggiunto, con il
quale si deduce
l’illegittimità della
deliberazione della Giunta
comunale n. 86/03 per
violazione dell’art.42 del
T.U. n.267/2000.
Tale norma, alla lettera e
del secondo comma, riserva
alla competenza del
Consiglio comunale
l’adozione dei
provvedimenti in materia di
“organizzazione dei
pubblici servizi,
costituzione di istituzioni
e aziende speciali,
concessione dei pubblici
servizi, partecipazione
dell’ente locale a società
di capitali, affidamento di
attività o servizi mediante
convenzione”.
In particolare, la
partecipazione a società di
capitali destinate a
soddisfare fini pubblici, in
quanto finalizzate
all’esercizio di servizi
pubblici locali,
corrisponde, nel sistema
della legge, ad una scelta
fondamentale deferita
all’organo di vertice,
qual è
nell’organizzazione
comunale il Consiglio.
Si tratta di funzioni
rientranti nel novero dei
poteri di indirizzo e
controllo politico -
amministrativo che la legge
attribuisce all’organo
consiliare, riservando
invece alla competenza della
Giunta le attività
esecutive delle scelte
strategiche compiute dal
Consiglio in materia di
servizi pubblici.
La deliberazione giuntale
viola il disegno legislativo
per il riparto delle
attribuzioni tra Consiglio e
Giunta, quale delineato
dalla norma, in quanto detta
indirizzi in materia di
costituzione e
partecipazione ad una società
pubblica per la gestione
intercomunale dei servizi di
igiene urbana e dispone
l’affidamento mediante
convenzione del servizio di
gestione della piattaforma
comunale; con tali
determinazioni la delibera
compie specifiche scelte di
assetto dei servizi pubblici
locali, che l’art. 42 ha
inteso invece riservare alla
competenza esclusiva
dell’organo consiliare.
7) Deve altresì ritenersi
sussistente il vizio di
eccesso di potere per
contraddittorietà di
comportamenti e disparità
di trattamento che è stato
denunciato con i motivi
aggiunti, per avere
l’amministrazione comunale
invitato a partecipare alla
trattativa privata
Manutencoop, benché la
stessa fosse risultata
destinataria di penalità
inflitte per infrazioni
registrate nel corso del
precedente rapporto con
l’amministrazione
comunale, escludendo invece
la ricorrente, che non aveva
subito alcuna sanzione
durante la gestione del
servizio protrattasi fino al
31 ottobre 2003, ma cui
erano state rivolte alcune
contestazioni non sfociate
in corrispondenti misure
sanzionatorie.
L’amministrazione ha
mostrato in tal modo di aver
elevato ad autonoma ragione
ostativa alla partecipazione
alla procedura il fatto di
aver subito semplici
contestazioni nell’ambito
della pregressa gestione del
medesimo servizio,
ravvisando in esse una sorta
di presunzione di
inaffidabilità fondata su
vicende specificamente
riferite ad un singolo
rapporto contrattuale.
Invece, l’applicazione di
sanzioni pecuniarie per
infrazioni commesse in
esecuzione di un servizio
analogo, pur integrando
oggettivamente una
situazione di maggiore
gravità, non ha dato luogo
alla formulazione di un
giudizio di disfavore nei
confronti dell’impresa
risultata responsabile di
quelle infrazioni.
In presenza di una così
vistosa diversità di
giudizio, l’emanazione del
provvedimento penalizzante
per il destinatario avrebbe
richiesto l’adempimento di
un onere motivazionale
particolarmente pregnante,
nel senso che
l’amministrazione avrebbe
dovuto dare conto della
sussistenza dei presupposti
che condizionano la
legittimità del potere
esercitato. In particolare,
si rendeva necessario dare
contezza delle circostanze
che portavano
ragionevolmente a concludere
per l’inaffidabilità
dell’impresa esclusa dalla
procedura, come denotata
nell’esecuzione di
precedenti rapporti
contrattuali.
In tale direzione, e in
mancanza di spunti
rinvenibili nei
provvedimenti comunali, non
possono apprezzarsi le
argomentazioni che sono
state esposte dalla difesa
comunale nel tentativo di
evidenziare che i disservizi
cagionati dalla ricorrente
si collegano a trasgressioni
di forte rilievo; al
riguardo corre l’obbligo
di osservare che
l’apprezzamento circa la
gravità delle infrazioni
deve essere rimessa
all’esclusiva competenza
dell’amministrazione
procedente, esso implicando
l’esercizio di poteri
discrezionali, che non può
essere surrogato
dall’attività difensiva,
né essere affidato alle
valutazioni del giudice di
legittimità, dovendosi
oltretutto ritenere
essenziale, ai fini della
legittimità
dell’esclusione, che
questa sia preceduta da
un’indagine diretta a
definire il rilievo delle
trasgressioni e la loro
idoneità a determinare la
frattura dell’elemento
fiduciario.
Invece, come comprovano le
concrete modalità operative
seguite dalla stazione
appaltante, la sola presenza
di contestazioni nella
pregressa gestione del
servizio si è dimostrata
sufficiente ex se a ritenere
integrati i presupposti che
legittimavano l’esclusione
della ricorrente dalla
trattativa privata, mentre
-con evidente
contraddizione-
l’applicazione di sanzioni
pecuniarie a carico di altra
impresa non ha costituito
analogo impedimento.
Ciò non può ammettersi,
posto che siffatta
configurazione del potere
discrezionale di scelta del
contraente, traducendosi in
una ingiustificata forma di
discriminazione, costituisce
ostacolo alla più ampia
partecipazione alla
procedura concorsuale e
concreta la violazione dei
principi in tema di
concorrenza.
8) Per le considerazioni che
precedono il ricorso va
accolto, con assorbimento
dei motivi non esaminati.
Per l’effetto, devono
annullarsi tutti i
provvedimenti impugnati.
L’annullamento degli atti
travolge altresì la
successiva stipulazione dei
contratti con le
controinteressate, da
ritenersi affetti da nullità
per vizio genetico del
consenso, “essendosi
violate le norme attinenti
alla fase di scelta del
contraente che nei
procedimenti di formazione
dei contratti ad evidenza
pubblica è regolata da
norme di diritto pubblico e,
pertanto, imperative, con la
conseguente attrazione del
contratto nell’ambito di
operatività dell’art.1418
primo comma cod.civ.” (cfr.
CdS V 5 marzo 2003 n. 1218)
o da considerarsi comunque
inefficaci, in quanto
l’annullamento degli atti
di affidamento ha
determinato il venir meno,
con effetti retroattivi, dei
presupposti legali che
condizionano del contratto e
provocato, con effetto
caducante, la sua perdita di
efficacia (cfr., CdS VI 5
maggio 2003 n.2332).
9) Il che introduce
all’esame della domanda
risarcitoria che la società
ha proposto con l’atto di
motivi aggiunti e ha poi
illustrato nella memoria
difensiva. Secondo
l’esponente il diritto al
risarcimento troverebbe
radice in più titoli
concorrenti:
9.1) in primo luogo, nella
mancata proroga del
contratto fino al 31
dicembre 2003 e
nell’illegittima
limitazione della proroga
medesima al 31 ottobre 2003.
Al riguardo occorre
innanzitutto osservare che
la ricorrente non ha
impugnato la determinazione
dirigenziale n.803 dell’11
dicembre 2002, che -nel
disporre la proroga del
precedente contratto- ne ha
limitato l’operatività al
31 ottobre 2003. Il che, per
il noto principio secondo
cui l’azione di
risarcimento del danno è
ammissibile solo a
condizione che sia impugnato
tempestivamente il
provvedimento illegittimo,
esclude in radice la
possibilità di pronunciare
la richiesta condanna.
Va inoltre considerato che
la p.a. è titolare del
potere di valutare
discrezionalmente la
convenienza e l’opportunità
di disporre il rinnovo di un
contratto in scadenza, senza
che la parte privata possa
vantare una pretesa alla
proroga del rapporto.
Dal che l’impossibilità
di riconoscere il diritto al
risarcimento del danno
nell’ipotesi in cui
sussista un margine di
apprezzamento discrezionale
in capo alla P.A. tale da
configurare come mera
evenienza l’emanazione del
provvedimento ampliativo, e
come mera aspettativa, non
giuridicamente protetta,
quella del soggetto
interessato a che tale
evenienza si verifichi;
8.2) ancora per la perdita
della chance connessa al
mancato invito a partecipare
alla procedura negoziata
indetta
dall’amministrazione
comunale.
In proposito deve ritenersi
che la pronuncia di
annullamento della procedura
negoziata, da cui deriva
l’obbligo
dell’amministrazione di
procedere all’indizione di
una nuova procedura
concorsuale, assicuri alla
ricorrente la reintegrazione
in forma specifica nella
situazione soggettiva, per
cui non deve riconoscersi
alcuna altra forma di
risarcimento per equivalente
(cfr CdS VI 4 settembre 2002
n.4435);
8.3) da ultimo, per il danno
all’immagine che la società
ricorrente assume di aver
subito per effetto delle
ordinanze sindacali che
l’hanno dichiarata
“inidonea a garantire la
regolare gestione del
servizio”.
Nella specie risultano
tuttavia generiche le
deduzioni dell’esponente
circa la lesione del
prestigio, che le ordinanze
in questione avrebbero
cagionato alla società nel
settore di riferimento, non
avendo la stessa offerto al
giudizio elementi concreti
idonei a documentare la
sussistenza del discredito
asseritamente subito.
Nulla infatti autorizza a
ritenere che il giudizio
contenuto nei provvedimenti
possa aver indotto altre
amministrazioni
aggiudicatrici a considerare
la società ricorrente non
in possesso dell’idoneità
professionale richiesta per
l’assunzione degli
incarichi in questione
Manca, quindi, ai fini della
sollecitata risarcibilità
del danno all’immagine la
presenza del necessario
presupposto integrato
dall’effettiva
configurabilità di un
pregiudizio in capo
all’odierna ricorrente.
In proposito si deve
rammentare che l’effettiva
sussistenza del danno e la
dimostrazione della sua
entità si pongono come
elementi costitutivi della
domanda risarcitoria e, come
tali, restano soggetti al
principio dell’onere della
prova. Ne deriva che la
pretesa deve essere
sostenuta da concreti
elementi probatori, riferiti
ad entrambi i presupposti,
ossia tanto all’esistenza
del danno, quanto alla
misura del pregiudizio
lamentato.
Al riguardo, il Collegio
sottolinea come, nel senso
di richiedere la prova del
danno subito, sia anche
l’orientamento finora
pressoché univocamente
manifestato dal giudice
amministrativo riguardo al
risarcimento del danno nelle
controversie devolute alla
sua giurisdizione. In
particolare, oltre alla
prova della sussistenza dei
presupposti per il
raggiungimento del risultato
sperato e impedito dalla
condotta asseritamene
illecita
dell’amministrazione
rispetto alla quale il danno
risarcibile deve essere
conseguenza immediata e
diretta, chi propone la
domanda risarcitoria deve
quantificare il danno o,
quanto meno, deve indicare
gli elementi oggettivi
necessari alla sua
quantificazione.
Tali elementi non risultano
esplicitati dalla
richiedente, il che conduce
alla reiezione della domanda
di condanna al risarcimento
dei danni.
Le spese seguono la
soccombenza e sono liquidate
in favore della ricorrente
nella misura indicata al
dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Lombardia,
terza Sezione,
definitivamente pronunciando
sul ricorso n. 3042/03 così
dispone:
-accoglie il ricorso in
epigrafe e l’atto per
motivi aggiunti, per
l’effetto annulla i
provvedimenti con essi
impugnati;
-respinge la domanda di
condanna al risarcimento
danni;
-condanna il comune di
Cesano Boscone al pagamento
delle spese e degli onorari
del giudizio, che liquida
complessivamente in €
4.000,00, oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente
sentenza sia eseguita
dall’Autorità
amministrativa.
Così deciso in Milano il 22
gennaio 2004 in camera di
consiglio con l'intervento
dei magistrati:
Domenico Giordano – pres.
est.
Gianluca Bellucci - ref.
Daniele Dongiovanni - ref.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il………13 aprile
2004…………
(art. 55, l. 27.4.1982, n.
186)
Il Direttore della Sezione
Dicembre
2005, n. 7058
REPUBBLICA ITALIANA N.7058/05
REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 5170 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale,
Sezione Quinta ANNO 2004
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello nr.
5170/2004 R.G., proposto dal
Comune di Cesano Boscone, in
persona del legale
rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli
avv.ti Filippo Lattanzi e
Giorgio Roderi, ed
elettivamente domiciliato
presso lo studio del primo,
sito in Roma, via G.P. da
Palestrina, n. 47,
CONTRO
Ecol Service s.r.l., (P: IVA
11485400151) in persona del
legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e
difesa dagli avv.ti Maurizio
Saladino e Roberto
Colagrande, ed elettivamente
domiciliata presso lo studio
dell’avv. Franco Gaetano
Scoca, in Roma, Via G.
Paisiello n. 55;
e nei confronti di
- Manutencoop s.c. a r.l.,
in persona del legale
rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli
avv.ti Andrea Manzi,
Francesco Rizzo e Stefano
Baccolini, ed elettivamente
domiciliata presso lo studio
del primo, in Roma, Via F.
Confalonieri n. 5;
- Spazio Aperto Servizi soc.
coop. di solidarietà a r.l.,
in persona del legale
rappresentante pro tempore,
non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R.
Lombardia – Milano, sez.
III, 13 aprile 2004, n.
1451.
Visto il ricorso in appello
con i relativi allegati;
Vista la costituzione in
giudizio della Ecol Service
s.r.l. e della Manutencoop
s.c. a r.l.;
Viste le memorie prodotte
dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
Visti gli atti tutti della
causa;
Visto l’art. 23 bis comma
sesto della legge 6 dicembre
1971, n. 1034, introdotto
dalla legge 21 luglio 2000,
n. 205;
Alla pubblica udienza del 15
febbraio 2005, relatore il
Consigliere Michele
Corradino ed uditi, altresì,
gli avvocati Roderi,
Lattanzi, Colagrande e
Manzi;
Ritenuto e considerato in
fatto e in diritto quanto
segue:
FATTO
Con la sentenza appellata il
TAR della Lombardia –
Milano ha accolto il ricorso
(iscritto al nr. 3042/2003
R.G.) con cui la Ecol
Service s.r.l. aveva chiesto
l’annullamento dei
provvedimenti recanti la
determinazione di affidare a
trattativa privata il
servizio di pulizia manuale
del suolo pubblico e di
gestione della piattaforma
comunale di via Vespucci e
l’affidamento dei servizi
medesimi, rispettivamente
alla Manutencoop s.c. a r.l.
e a Spazio Aperto soc. coop.
a r.l., unitamente a tutti
gli atti e provvedimenti ad
essi preordinati,
consequenziali o comunque
connessi, fra cui
specificamente i contratti
eventualmente stipulati con
le società citate, e con i
motivi aggiunti proposti
dalla stessa,
l’annullamento della
deliberazione di Giunta
comunale n.86 dell’8
luglio 2003, la
determinazione del Direttore
del Settore Territorio e
Ambiente n. 668/03 del 6
ottobre 2003, la
determinazione del Direttore
del Settore Territorio e
Ambiente n.733/03 del 28
ottobre 2003, la
determinazione del Direttore
del Settore Territorio e
Ambiente n. 718/03 del 21
ottobre 2003, le ordinanze
sindacali n. 17 del 31
ottobre 2003 e n. 19 del 14
novembre 2003 rese nelle
more del giudizio, mentre il
giudice di primo grado ha
respinto la domanda di
condanna al risarcimento del
danno in forma specifica o
per equivalente dei
pregiudizi patiti e patiendi
dalla ricorrente a causa
degli atti gravati e dei
comportamenti comunali.
La sentenza è stata
appellata dal Comune di
Cesano Boscone che contrasta
le argomentazioni del
giudice di primo grado.
La Ecol Service s.r.l. e la
Manutencoop s.c. a r.l. si
sono costituite in giudizio.
La Spazio Aperto soc. coop.
a r.l. non si è costituita
in giudizio.
Alla pubblica udienza del 15
febbraio 2005, il ricorso
veniva trattenuto per la
decisione.
DIRITTO
Il ricorso in appello è
infondato e deve essere
rigettato.
1. Devono essere,
innanzitutto, esaminate le
eccezioni di rito rigettate
dal giudice di primo grado e
riproposte dal Comune
appellante (eccezioni
sostenute, altresì, dalla
Manutencoop s.c. a r.l.).
Con la prima eccezione il
Comune di Cesano Boscone si
duole dell’omessa
declaratoria, da parte del
giudice di prime cure, della
inammissibilità del ricorso
proposto in primo grado
dalla Ecol Service s.r.l.
per il rilievo che lo stesso
è stato proposto in forma
cumulativa avverso due
distinti provvedimenti,
assunti in esito a procedure
separate non connesse (il
primo di tale procedimento
ha per oggetto
l’affidamento a Spazio
Aperto Scarl del servizio di
gestione della piattaforma
ecologica; il secondo ha per
oggetto l’affidamento a
Manutencoop s.c. a r.l., con
procedura negoziata fra
cinque concorrenti, del
servizio di spezzamento
manuale del suolo pubblico).
Va primariamente rilevato
che nel processo
amministrativo, in assenza
di una espressa disciplina
dell'istituto della
connessione, il principio
secondo il quale il ricorso
giurisdizionale deve essere
diretto contro un solo atto
oppure contro atti diversi
ma tra loro collegati, si
fonda sulla necessità di
evitare la confusione tra
controversie del tutto
diverse, il che si verifica
quando in un solo giudizio
confluiscono atti che
promanano da Autorità
differenti, che difettino di
ogni collegamento e che
attengano a rapporti
sostanziali diversi.
Orbene, la giurisprudenza
dominante, alla quale il
Collegio aderisce, ha
affermato che l'esistenza di
fattispecie connesse, idonee
a essere proposte con
ricorso cumulativo va
assunta in termini di
ragionevolezza, di giustizia
sostanziale e di razionalità,
scevra da spirito
formalistico e in modo da
non cagionare una superflua
gravosità di adempimenti
procedurali a carico di chi
intenda tutelarsi avverso
atti, ritenuti non
legittimi, della pubblica
autorità (ex multis, Cons.
Stato, sez. V, 03/10/2002,
n. 5210, Cons. Stato, sez.
IV, 22/01/1999, n. 52; Cons.
Giust. Amm. Sic., sez.
giurisdiz., 13/10/1998, n.620
che evidenzia le ragioni di
economia processuale
dell’indirizzo
interpretativo condiviso;
Cons. Stato, sez. IV,
10/07/1996, n. 830; Cons.
Stato sez. IV, 20/12/1996,
1311; Cons. Stato, sez. VI,
07/06/1994, n. 923).
Alla luce di tale
impostazione è stato
ritenuto ammissibile il
ricorso cumulativo contro
distinti provvedimenti
amministrativi, quando tra
gli stessi provvedimenti
sussista un vincolo di
connessione che
legittimerebbe la riunione
dei ricorsi, ove
separatamente proposti, a
tutela di un medesimo bene
giuridico o con riferimento
ad atti di un medesimo
procedimento amministrativo
(cfr. Cons. Stato, sez. VI,
05/06/2001, n. 3015), ovvero
quando tra gli atti
impugnati sussista un nesso
procedimentale o di
preordinazione funzionale o
logica, tale da rendere gli
stessi i componenti di un
quadro provvedimentale
unitariamente lesivo
dell'interesse del
ricorrente (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 15/03/1993,
n. 357).
Alla luce delle superiori
considerazioni deve
rilevarsi la infondatezza
della eccezione avanzata
dall’appellante. Invero,
come correttamente affermato
dal Giudice di primo grado,
l’accumulo di
controversie, aventi ad
oggetto l’una il
provvedimento di
aggiudicazione, in esito a
procedura negoziata, del
servizio di spazzamento
manuale del suolo pubblico e
l’altra l’affidamento
diretto a cooperativa
sociale della gestione della
piattaforma ecologica per il
conferimento dei rifiuti,
trova il presupposto nella
deliberazione della Giunta
comunale n. 86/2003
(essendo, invece,
irrilevante la
determinazione del Comune di
Cesano Boscone di limitare
l’operatività della
proroga del servizio a
favore della Ecol Service
s.r.l. al 31 ottobre 2003),
il che evidenzia quel nesso
funzionale che giustifica la
concentrazione in unico
giudizio della vicenda
controversa. La ricorrente
in primo grado, inoltre,
aveva in precedenza gestito
i servizi di cui trattasi in
forza di unico affidamento,
sostenendo - nel corso del
giudizio di primo grado -
che l’amministrazione
comunale aveva proceduto al
frazionamento dei servizi al
fine illegittimo di
sottrarre il valore
complessivo del loro insieme
al limite di applicabilità
delle procedure in economia
di cui all’art. 3 D.P.R.
n. 384/2001 ed evitare così
il necessario ricorso alle
procedure ad evidenza
pubblica. Correttamente,
pertanto, il giudice di
prime cure ha proceduto
all’esame in unico
contesto processuale delle
questioni sollevate con le
censure racchiuse nel
ricorso di primo grado e nei
successivi motivi aggiunti.
Non meritevole di
accoglimento è, altresì,
l’eccezione di
inammissibilità del ricorso
di primo grado per la
mancata impugnazione
dell’atto presupposto
costituito dalla
deliberazione di Giunta
comunale n. 86/2003 e la
tardività
dell’impugnazione che è
stata proposta avverso detta
delibera con i motivi
aggiunti.
Merita di essere precisato
che le persone direttamente
contemplate nell'atto
amministrativo (nella
fattispecie, deliberazione
di Giunta comunale n.
86/2003) a cui, a norma
dell'art. 2 r.d. n. 17
agosto 1907 n. 642, deve
essere notificato o
comunicato l'atto stesso,
non sono soltanto i soggetti
menzionati nell'atto, ma
anche quelli che , pur non
essendo menzionati, siano in
qualche modo da ritenersi
destinatario del medesimo
(nella fattispecie, Ecol
Service s.r.l.). Pertanto,
nei confronti di tali
soggetti, la pubblicazione
dell'atto nelle forme di
rito non fa decorrere il
termine per l'impugnazione,
occorrendo, a tal fine, la
notificazione o
comunicazione individuale,
ovvero la prova
dell'effettiva conoscenza.
Orbene, secondo principio
giurisprudenziale pacifico
(dal quale il Collegio non
intende discostarsi),
l'onere della prova
dell'avvenuta conoscenza
dell'atto impugnato incombe
su chi eccepisce la tardività
del ricorso giurisdizionale,
mediante mezzi probatori
univoci e chiari, diretti ad
accertare in modo certo e
inconfutabile che il gravame
è stato proposto dopo la
scadenza del termine
decadenziale (ex multis,
Cons. Stato, sez. IV,
27/03/2002, n. 1732; Cons.
Stato, sez. IV, 03/09/2001,
n. 4620; Cons. Stato, sez.
IV, 01/08/2001, n. 4206;
Cons. Stato, sez. IV,
22/03/2001, n. 1683).
L’eccezione di tardività
deve pertanto essere
respinta, non avendo il
Comune appellante dimostrato
che la conoscenza
dell’atto in questione è
avvenuta anteriormente alla
data in cui la deliberazione
della Giunta comunale n.
86/2003 è stata prodotta in
giudizio. Anteriormente alla
presentazione del ricorso di
prime cure, invero, alla
società ricorrente in primo
grado erano state trasmesse
unicamente le note 28
ottobre 2003, nelle quali
non è contenuto alcun
richiamo alla deliberazione
G.C. n. 86/2003; pertanto,
rispetto alla data del 10
novembre 2003 (data in cui
la deliberazione della
Giunta comunale n. 86/2003
è stata prodotta in
giudizio), la Ecol Service
s.r.l., ha tempestivamente
proposto impugnazione a
mezzo dei motivi aggiunti
notificati il 24 novembre
2003.
Non condivisibile è,
infine, l’eccezione di
inammissibilità del primo
motivo di ricorso del
gravame di primo grado per
difetto di una condizione
dell’azione, per il
rilievo che la norma
(invocata dalla ricorrente
in primo grado) racchiusa
nell’art. 24 primo comma
della legge n. 289/2002 è
stata abrogata con l’art.
15 decreto legge 30
settembre 2003 n.269,
convertito in legge n.
326/2003.
L’eccezione, come
correttamente statuito nella
sentenza gravata, è del
tutto priva di fondamento.
Invero, la proposizione di
un motivo di gravame rivolto
ad ottenere la caducazione
di un provvedimento
amministrativo in forza di
un invocato parametro
normativo soddisfa la
condizione dell’azione de
qua agitur – denominata
“possibilità giuridica”
ovvero “esistenza della
norma” - (si ricordi,
infatti, che le condizioni
dell’azione sono
identificabili con i
requisiti intrinseci della
domanda - la cui carenza
impedisce al giudice adito
di pronunciare sul merito
della res controversa - che
si risolvono
nell’affermazione da parte
del ricorrente ovvero
dell’attore dei fatti
costitutivi affermati nella
domanda; in tal senso,
autorevole dottrina
processualistica utilizza la
locuzione “ipotetica
accoglibilità della
domanda”). Questione
diversa è quella della
vigenza di una norma o di un
principio che possa
avvalorare la tesi del
ricorrente: ma in tal caso
si tratta di una valutazione
che attiene alla fondatezza
dell’azione e, quindi, al
merito della controversia.
2. Venendo al merito della
controversia giova
preliminarmente osservare
che, in materia di
affidamenti di servizi
pubblici locali, a
differenza di quanto
reiteratamente sostenuto
dall’amministrazione
appellante e dalla
Manutencoop s.c. a r.l., la
disciplina generale di
riferimento è quella
risultante dall’art. 113
D.L.vo n. 267/2000 (Testo
unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti
locali), il cui testo è
stato soggetto a numerose
modifiche, in primo luogo
per i richiami che la
Commissione UE ha rivolto
allo Stato italiano (si
rammenti, in particolare, la
nota del 26 giugno 2002
della Commissione UE in
merito alla compatibilità
comunitaria delle
disposizioni contenute
dell’art. 35 della legge
28 dicembre 2001, n. 448 -
Disposizioni per la
formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello
Stato – cd. legge
finanziaria 2002 -
concernenti le forme di
gestione dei servizi
pubblici locali), per il
mantenimento, in numerosi e
rilevanti settori, del
precedente regime
dell’affidamento diretto,
così contravvenendo ai
principi desumibili dal
Trattato comunitario, alla
stregua dei quali
s’imponeva il rispetto
delle regole di trasparenza
ed imparzialità nella
scelta del soggetto
affidatario.
Va osservato, altresì, che
gli incessanti interventi
normativi nella materia de
qua sono ascrivibili anche
all’esigenza di ricondurre
la normativa di rango
primario alle previsioni del
novellato art. 117 della
Costituzione.
Deve essere, invece, negato
ogni rilievo applicativo
alle previsioni racchiuse
nella legge n. 381/1991 e
nel DPR 384/2001, fonti
normative previgenti
rispetto alla disciplina
racchiusa nel D.L.vo n.
267/2000 e successive
modificazioni ed
integrazioni (che non
contiene clausole di
salvezza), né può avere
incidenza il valore di stima
del servizio da affidare o
la natura solidaristica del
soggetto affidatario
(elementi non presi in
considerazione dalla
richiamata normativa in
materia di enti locali).
Deve, inoltre essere
ricordato che la portata
precettiva dell’articolo
113 D.L.vo n. 267/2000
risulta anche imposta dal
rilievo comunitario degli
interessi ad essa sottesi
che attengono ad una più
pregante tutela della
concorrenza nell’accesso
al mercato della gestione
dei servizi pubblici locali
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 6
maggio 2003, n. 2380).
Tornando alla previsione
racchiusa nel citato art.
113 D.L.vo n. 267/2000,
merita di essere osservato
che detto articolo è stato
in un primo momento
modificato dal citato art.
35 L. n. 448/2001, e
successivamente dall’art.
14 D.L. n. 269/2003
(Disposizioni urgenti per
favorire lo sviluppo e per
la correzione dell'andamento
dei conti pubblici),
convertito con modificazioni
nella legge 24 novembre
2003, n. 326; ulteriori
integrazioni sono state poi
effettuate con l’art. 4,
comma 234, della Legge 24
dicembre 2003, n. 350 -
Disposizioni per la
formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello
Stato (cd. legge finanziaria
2004).
Il comma V della citata
norma così recita:
<>.
Va aggiunto, per esigenze di
completezza, che
l’articolo 14 del
decreto-legge 30 settembre
2003 n. 269, convertito
nella legge 24 novembre 2003
n. 326, ha sostituito
all’articolo 113 le parole
> con le parole <>.
Orbene, accanto
all’affidamento mediante
gara, che la riforma attuata
dall’art. 35 della legge
n. 448/2001 aveva
configurato come unico
strumento per la gestione
esternalizzata dei servizi
pubblici (<>),
l’art. 14 del D.L. n.
269/2003 prevede altri due
modelli dei quali l’uno
risponde allo schema
dell’affidamento in house
di estrazione comunitaria,
mentre l’altro reintroduce
lo strumento della società
mista, prevedendo
l’affidamento diretto del
servizio a fronte della
selezione mediante procedura
ad evidenza pubblica del
socio privato.
Orbene, alla luce della
superiore ricostruzione
appare corretta la
statuizione di primo grado
che, dopo aver inquadrato il
servizio di spazzamento
delle strade comunali e il
servizio di gestione della
piattaforma ecologica per la
raccolta differenziata di
rifiuti solidi urbani, come
prestazioni richieste alle
imprese affidatarie rivolte
alla produzione di attività
riconducibili nell’ambito
dei servizi pubblici locali
di rilevanza economica, ha
statuito che l’erogazione
del servizio può essere
effettuato da società di
capitali individuate
attraverso l’espletamento
di gare con procedure ad
evidenza pubblica (mentre la
possibilità di derogare a
tale obbligo deve ritenersi
consentita nelle sole
ipotesi, che qui non
rilevano, di affidamento
diretto a società a
capitale misto nelle quali
il socio privato sia stato
individuato a mezzo di
procedure ad evidenza
pubblica e di affidamento in
house a società a dominanza
pubblica).
Fondatamente, pertanto, il
primo Decidente ha ritenuto
gli affidamenti in questione
disposti in violazione della
suindicata normativa, che
costituisce attuazione di
principi generali in materia
di concorrenza e che impone
il ricorso a gare pubbliche
per la selezione degli
affidatari dei servizi
pubblici (salvo per le
anzidette deroghe), non
ritenendosi conforme ai
superiori parametri
normativi neppure
l’espletamento della
procedura relativa al
servizio di pulizia manuale
strade (in esito alla quale
il servizio de quo è stato
affidato alla Manutencoop
s.c. a r.l.).
3. In ordine alla
statuizione contenuta nella
gravata pronuncia
concernente la ritenuta
illegittimità della
deliberazione della Giunta
comunale n. 86/2003 per
violazione dell’art. 42
del T.U. n. 267/2000 deve
essere rilevata
l’infondatezza del motivo
d’appello.
Invero, l’art. 42 secondo
comma lett. e), di detto
decreto, (lettera modificata
dall'art. 35, comma 12,
legge 28 dicembre 2001, n.
448), attribuisce alla
competenza del Consiglio
comunale gli atti di
<>. Ne discende che la
partecipazione a società di
capitali destinate a
soddisfare fini pubblici, in
quanto finalizzate
all’esercizio di servizi
pubblici locali,
corrisponde, nel sistema
della legge, ad una scelta
fondamentale deferita
all’organo di vertice,
qual è
nell’organizzazione
comunale il Consiglio (non a
caso definito nel comma 1
dell’art. 42 <>).
La legge quindi ha riservato
alla competenza esclusiva
dell’organo consiliare
ogni determinazione circa
gli oggetti dianzi indicati
e, anzi, con la
precisazione, contenuta
nella parte finale della
norma, che <>.
Invero, sulla base del
criterio di riparto di
competenze tra Consiglio
comunale e Giunta,
l’organo elettivo è
chiamato ad esprimere gli
indirizzi politici ed
amministrativi di rilievo
generale, che si traducono
in atti fondamentali,
tassativamente elencati
nell’art. 42 D.L.vo n.
267/2000, mentre la Giunta
municipale (cfr. artt. 48 e
107 del medesimo decreto) ha
una competenza residuale in
quanto compie tutti gli atti
non riservati dalla legge al
Consiglio o non ricadenti
nelle competenze, previste
dalle leggi o dallo statuto,
del Sindaco o di altri
organi di decentramento.
Né può condividersi la
lettura riduttiva (in merito
alla latitudine
contenutistica della
deliberazione della Giunta
comunale n. 86/2003)
patrocinata dalla difesa del
Comune appellante, proprio
poiché – sebbene la
deliberazione de qua non
abbia introdotto in via
immediata e diretta alcuna
innovazione in punto di
organizzazione del servizio
di igiene urbana – essa ha
in concreto tradotto un
indirizzo politico ed
amministrativo di rilievo
generale la cui
elaborazione, come sopra
evidenziato, la legge
riserva all’organo
consiliare.
4. Si rivela, altresì,
infondato il motivo di
gravame con il quale
l’appellante censura la
pronuncia gravata nella
parte in cui ha ritenuto
sussistente il vizio di
eccesso di potere per
contraddittorietà di
comportamenti e disparità
di trattamento per avere
l’amministrazione comunale
invitato a partecipare alla
trattativa privata la
Manutencoop s.c. a r.l.,
benché la stessa fosse
risultata destinataria di
penalità inflitte per
infrazioni registrate nel
corso del precedente
rapporto con
l’amministrazione
comunale, escludendo invece
la ricorrente di primo grado
alla quale erano state
rivolte alcune contestazioni
non sfociate in
corrispondenti misure
sanzionatorie. Invero,
risulta che a fronte di
disservizi e carenze nello
svolgimento del servizio da
parte della Ecol Service,
l’Amministrazione comunale
non è andata oltre mere
contestazioni, mentre alla
Manutencoop s.c. a r.l.
erano state irrogate delle
sanzioni pecuniarie.
Risulta, pertanto, evidente
la violazione commessa
dall’amministrazione
comunale che non ha invitato
alla trattativa privata la
Ecol Service, sul
presupposto della paventata
non corretta esecuzione del
contratto, mentre ha
invitato la Manutencoop s.c.
a r.l. le cui violazioni o
disservizi avevano in
precedenza assunto rilievi
tali da importare
l’attivazione di una
procedura sanzionatoria (in
luogo di una più blanda
contestazione).
Alla luce delle superiori
considerazioni, il ricorso
in appello deve essere
respinto e per l’effetto
deve essere confermata la
sentenza impugnata.
Si ravvisano giusti motivi
per compensare le spese di
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale,
Sezione V, respinge
l’appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente
decisione sia eseguita
dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma,
palazzo Spada, sede del
Consiglio di Stato, nella
camera di consiglio del 15
febbraio 2005, con
l'intervento dei sigg.ri
Sergio Santoro Presidente
Giuseppe Farina Consigliere
Corrado Allegretta
Consigliere
Chiarenza Millemaggi
Cogliani Consigliere
Michele Corradino
Consigliere Est.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Michele Corradino f.to
Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
f.to Agatina Maria Vilardo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13 dicembre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n.
186)
p.IL DIRIGENTE
F.to Livia Patroni Griffi
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