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Aggiornato il 13 luglio 2006 h. 12.27

TAR Lombardia, Milano, sez. III, 13/4/2004 n. 1451


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione 3a ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
sul ricorso n. 3042/03, proposto da
ECOL SERVICE s.r.l., con sede in Corsico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Maurizio Saladino ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Milano, viale Regina Margherita 43
 
contro
COMUNE DI CESANO BOSCONE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Roderi e Angela Ruotolo, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Milano, via Vincenzo Monti 34
 
e nei confronti di
MANUTENCOOP s.c. a r.l., con sede in Zola Pedrosa in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano Baccolini, Francesco Rizzo e Pietro Quadri, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, via Santa Tecla 5
SPAZIO APERTO SERVIZI Coop. Sociale di Solidarietà a r.l., con sede in Milano in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita
 
per l’annullamento
dei provvedimenti recanti la determinazione di affidare a trattativa privata il servizio di pulizia manuale del suolo pubblico e di gestione della piattaforma comunale di via Vespucci e l’affidamento dei servizi medesimi, rispettivamente alla Manutencoop s.c. a r.l. e a Spazio Aperto soc. coop. a r.l., unitamente a tutti gli atti e provvedimenti ad essi preordinati, consequenziali o comunque connessi, fra cui specificamente i contratti eventualmente stipulati con le società citate;
 
*e sui motivi aggiunti proposti da ECOL SERVICE s.r.l., come sopra rappresentata e difesa
 
per l’annullamento
della deliberazione di Giunta comunale n.86 dell’8 luglio 2003;
della determinazione del Direttore del Settore Territorio e Ambiente n.668/03 del 6 ottobre 2003;
della determinazione del Direttore del Settore Territorio e Ambiente n.733/03 del 28 ottobre 2003;
della determinazione del Direttore del Settore Territorio e Ambiente n.718/03 del 21 ottobre 2003;
delle ordinanze sindacali n.17 del 31 ottobre 2003 e n.19 del 14 novembre 2003 rese nelle more del giudizio;
 
e per la condanna
al risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente dei pregiudizi patiti e patiendi dalla ricorrente a causa degli atti in epigrafe e dei comportamenti comunali;
 
visto il ricorso notificato a mezzo fax in data 5 novembre 2003 e depositato in data 6 novembre 2003;
visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Cesano Boscone e della Manutencoop s.c. a r.l.;
visti i motivi aggiunti di impugnazione notificati in data 26 novembre 2003 e depositati l’1 dicembre 2003;
viste le memorie difensive delle parti;
uditi alla pubblica udienza del 22 gennaio 2004, relatore il cons. Domenico Giordano, l’avv. Maurizio Saladino per la ricorrente, l’avv. Giorgio Roderi per il comune resistente e l’avv. Paolo De Gaspari, in delega, per la controinteressata;
visti gli atti tutti della causa;
ritenuto quanto segue in:
 
FATTO
Con il ricorso introduttivo del giudizio la ECOL SERVICE s.r.l. espone di aver svolto, a seguito di gara pubblica indetta dal Comune di Cesano Boscone, il servizio di pulizia manuale del suolo pubblico e di gestione della piattaforma ecologica per il biennio 2001/02 e, in regime di proroga, per il successivo periodo fino al 31 ottobre 2003.
La stessa afferma di essere stata informata, a mezzo delle note comunali 28 ottobre 2003, che i servizi medesimi, frazionati in due lotti, erano stati affidati, a seguito di procedure ad evidenza pubblica e a far data dall’1 novembre 2003, rispettivamente alla MANUTENCOOP s.c. a r.l. e alla Cooperativa sociale SPAZIO APERTO.
Lamenta quindi la violazione dei principi di libera concorrenza, di legalità, di buon andamento ed imparzialità della P.A., nonché dell’art.24 l.n.289/02, per il rilievo che l’affidamento dei servizi è avvenuto a mezzo di procedura negoziata, non preceduta dalla pubblicazione del bando, e senza motivare il mancato invito del concessionario uscente.
L’amministrazione comunale, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso, provvedendo altresì al deposito della documentazione di causa.
Anche la controinteressata MANUTENCOOP s.c. a r.l. si è costituita in giudizio per dedurre l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
Con atto ritualmente notificato e depositato, la ricorrente ha proposto motivi aggiunti di impugnazione avverso i provvedimenti dei cui estremi e contenuto ha avuto notizia a seguito del suindicato deposito.
Con ordinanza n.1993 del 12 novembre 2003 è stata accolta la domanda di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati, ma la pronuncia è stata successivamente riformata in appello con l’ordinanza n.5414 del 9 dicembre 2003.
Le parti hanno depositato memorie, nelle quali ribadiscono le rispettive tesi difensive e insistono nelle conclusioni già rassegnate.
All’udienza, dopo la discussione delle parti, il ricorso è stato trattenuto dal Collegio per la decisione.
 
DIRITTO
1) In via preliminare devono esaminarsi le questioni in rito.
2) E’ stata eccepita l’inammissibilità del ricorso, per il rilievo che lo stesso è stato proposto in forma cumulativa avverso due distinti provvedimenti, assunti in esito a procedure separate e privi di elementi di connessione; il che determinerebbe confusione per effetto dell’accumulo, in unico giudizio, di controversie tra loro affatto differenti, aventi ad oggetto: l’una l’atto di aggiudicazione, in esito a procedura negoziata, del servizio di spazzamento manuale del suolo pubblico e l’altra l’affidamento diretto a cooperativa sociale della gestione della piattaforma ecologica per il conferimento dei rifiuti.
L’eccezione non ha fondamento.
Come (nel contesto della successiva eccezione) riconosce la stessa difesa comunale, i provvedimenti in questione trovano il loro comune presupposto nella deliberazione della Giunta comunale n.86/03, anch’essa fatta oggetto di impugnazione. Il che evidenzia quel collegamento funzionale tra i procedimenti che giustifica la concentrazione in unico giudizio della vicenda controversa.
Inoltre la ricorrente, che ha in precedenza gestito i servizi di cui trattasi in forza di unico affidamento, sostiene, tra l’altro, che l’amministrazione comunale ha proceduto al frazionamento dei servizi, prima espletati in forma integrata, al fine illegittimo di sottrarre il valore complessivo del loro insieme al limite di applicabilità delle procedure in economia di cui all’art.3 D.P.R. n.384/01 ed evitare l’altrimenti necessario ricorso alle procedure ad evidenza pubblica.
In tale quadro è manifesta l’esigenza di procedere all’esame in unico contesto delle questione sollevate con le dedotte censure.
3) Si è ulteriormente eccepita l’inammissibilità del ricorso introduttivo per la mancata impugnazione dell’atto presupposto costituito dalla deliberazione di Giunta comunale n.86/03 e la tardività dell’impugnazione che è stata proposta avverso detta delibera con i motivi aggiunti.
Nemmeno questa eccezione ha fondamento.
Anteriormente alla presentazione del ricorso, alla società ricorrente erano state trasmesse unicamente le note 28 ottobre 2003, nelle quali non è contenuto alcun richiamo alla deliberazione G.C. n.68/03. L’esponente ha potuto acquisire conoscenza dell’esistenza e del contenuto di detta delibera soltanto a seguito della sua produzione in giudizio, avvenuta mediante deposito il 10 novembre 2003; rispetto a tale data ha tempestivamente proposto impugnazione a mezzo dei motivi aggiunti notificati il 24 novembre 2003.
L’eccezione di tardività deve quindi essere respinta, non avendo la difesa resistente dimostrato che la conoscenza dell’atto è avvenuta anteriormente alla data suindicata.
4) Sul rilievo che il gravame si incentri nell’affermazione dell’obbligo dell’amministrazione di affidare i servizi pubblici esclusivamente a mezzo di procedura ad evidenza pubblica, in forza dell’art.24 primo comma l.n.289/02, si assume infine l’inammissibilità del ricorso per difetto di una condizione dell’azione; ciò per il rilievo che la norma invocata è stata abrogata con l’art.15 d.l. 30 settembre 2003 n.269, conv. in l.n.326/03.
L’eccezione è del tutto destituita di fondamento, non potendosi dubitare della astratta possibilità di pronunciare il richiesto annullamento degli atti impugnati.
Altra questione, che attiene evidentemente alla fondatezza dell’azione, e quindi al merito della controversia, è quella della vigenza di una norma o di un principio che possa in ipotesi avvalorare la tesi -esposta nel ricorso- dell’obbligo di procedere all’affidamento dei servizi a mezzo di espletamento di gara pubblica.
5) A tale riguardo, e venendo all’esame, nel merito, del primo motivo di censura, il Collegio osserva quanto segue.
La società ricorrente sostiene che l’affidamento dei servizi di igiene urbana è avvenuto a mezzo di procedura negoziata non preceduta dalla pubblicazione del bando di gara; in tale condotta l’esponente ha ravvisato la violazione dell’art.24 della legge 289/02 che impone alle pubbliche amministrazioni che intendano aggiudicare appalti pubblici di servizi l’esperimento di procedure ad evidenza pubblica, anche quando il valore del contratto superi l’importo di 50.000 euro.
La replica delle difese resistenti è incentrata sul rilievo dell’avvenuta abrogazione (ad opera dell’art.15 d.l. n.269/03) della norma invocata dalla ricorrente e nella legittimità del ricorso alla trattativa privata secondo il modello delineato dagli artt.5 e 6 D.P.R. n.384/01 per l’acquisizione in economia di beni e servizi, trattandosi di appalti di servizi che non eccedono la soglia di 200.000 euro fissata dall’art.1 del D.Lgs.n157/95. Si assume altresì la legittimità dell’affidamento diretto del servizio di gestione della piattaforma a mezzo di convenzione con Cooperativa sociale, ai sensi dell’art.1, primo comma lett.b, l.n.381/91.
Il collegio ritiene fondata la censura, anche se per motivi non del tutto coincidenti con quelli enunciati nel motivo.
Vengono qui in considerazione il servizio di spazzamento delle strade comunali e il servizio di gestione della piattaforma ecologica per la raccolta differenziata di rifiuti solidi urbani; nell’esecuzione di tali servizi che formano oggetto dei contestati affidamenti, le prestazioni richieste alle imprese affidatarie sono rivolte non già a vantaggio dell’amministrazione, ma riguardano, in modo generalizzato, la collettività locale rappresentata dal comune.
Gli affidamenti in questione sono quindi volti alla produzione di attività riconducibili nell’ambito dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, i quali sono retti da una disciplina speciale.
La norma di riferimento, diversamente da quanto sostenuto dalle difese resistenti, va allora rinvenuta nell’art.113 del D.Lgs. n.267/2000, come sostituito dall’art.35 l.n.448/01, il quale, a seguito delle ulteriori modifiche introdotte dall’art.14 d.l. n.269/03 conv. in l.n.326/03, dispone al suo quinto comma che “l’erogazione del servizio avviene…con conferimento della titolarità del servizio: a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica”.
Come la giurisprudenza non ha mancato di precisare, la previsione modifica il sistema previgente nel senso di imporre lo svolgimento di una selezione pubblica per la scelta del titolare del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani (cfr. TAR Puglia Lecce II 3 marzo 2003 n.638).
La possibilità di derogare a tale obbligo deve ritenersi consentita nelle sole ipotesi, che qui non rilevano, di affidamento diretto a società a capitale misto nelle quali il socio privato sia stato individuato a mezzo di procedure ad evidenza pubblica e di affidamento in house a società a dominanza pubblica (numeri 2 e 3 della nuova formulazione della norma dopo le modifiche apportate con l’art.14 cit.), senza che possano assumere rilievo il valore di stima del servizio da affidare o la natura solidaristica del soggetto affidatario.
E, in proposito, si è anche avvertito che la vigenza del periodo transitorio per il passaggio al nuovo regime non riveste valore ostativo all’immediata applicazione del nuovo modello gestionale, che è incentrato nella selezione del gestore a mezzo di procedure ad evidenza pubblica (cfr. CdS V 6 maggio 2003 n.2380).
Nella stessa direzione si indirizza l’orientamento tratto dall’art.113 del D.Lgs. n.267/2000, che il Collegio condivide, secondo cui l’affidamento a imprese private delle concessioni di servizi pubblici deve sempre avvenire con l’espletamento di procedure ad evidenza pubblica e nel rispetto delle regole di estrazione comunitaria, quali la libera prestazione di servizi, la parità di trattamento e la proporzionalità (cfr., CdS V 30 aprile 2002 n. 2294; id. 22 luglio 2002 n.4012).
Gli affidamenti in questione risultano quindi disposti in violazione della suindicata normativa, che costituisce attuazione di principi generali in materia di concorrenza e che impone il ricorso a gare pubbliche per la selezione degli affidatari dei servizi pubblici.
6) E’ fondata anche la censura esposta nel primo motivo aggiunto, con il quale si deduce l’illegittimità della deliberazione della Giunta comunale n. 86/03 per violazione dell’art.42 del T.U. n.267/2000.
Tale norma, alla lettera e del secondo comma, riserva alla competenza del Consiglio comunale l’adozione dei provvedimenti in materia di “organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell’ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione”.
In particolare, la partecipazione a società di capitali destinate a soddisfare fini pubblici, in quanto finalizzate all’esercizio di servizi pubblici locali, corrisponde, nel sistema della legge, ad una scelta fondamentale deferita all’organo di vertice, qual è nell’organizzazione comunale il Consiglio.
Si tratta di funzioni rientranti nel novero dei poteri di indirizzo e controllo politico - amministrativo che la legge attribuisce all’organo consiliare, riservando invece alla competenza della Giunta le attività esecutive delle scelte strategiche compiute dal Consiglio in materia di servizi pubblici.
La deliberazione giuntale viola il disegno legislativo per il riparto delle attribuzioni tra Consiglio e Giunta, quale delineato dalla norma, in quanto detta indirizzi in materia di costituzione e partecipazione ad una società pubblica per la gestione intercomunale dei servizi di igiene urbana e dispone l’affidamento mediante convenzione del servizio di gestione della piattaforma comunale; con tali determinazioni la delibera compie specifiche scelte di assetto dei servizi pubblici locali, che l’art. 42 ha inteso invece riservare alla competenza esclusiva dell’organo consiliare.
7) Deve altresì ritenersi sussistente il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà di comportamenti e disparità di trattamento che è stato denunciato con i motivi aggiunti, per avere l’amministrazione comunale invitato a partecipare alla trattativa privata Manutencoop, benché la stessa fosse risultata destinataria di penalità inflitte per infrazioni registrate nel corso del precedente rapporto con l’amministrazione comunale, escludendo invece la ricorrente, che non aveva subito alcuna sanzione durante la gestione del servizio protrattasi fino al 31 ottobre 2003, ma cui erano state rivolte alcune contestazioni non sfociate in corrispondenti misure sanzionatorie.
L’amministrazione ha mostrato in tal modo di aver elevato ad autonoma ragione ostativa alla partecipazione alla procedura il fatto di aver subito semplici contestazioni nell’ambito della pregressa gestione del medesimo servizio, ravvisando in esse una sorta di presunzione di inaffidabilità fondata su vicende specificamente riferite ad un singolo rapporto contrattuale. Invece, l’applicazione di sanzioni pecuniarie per infrazioni commesse in esecuzione di un servizio analogo, pur integrando oggettivamente una situazione di maggiore gravità, non ha dato luogo alla formulazione di un giudizio di disfavore nei confronti dell’impresa risultata responsabile di quelle infrazioni.
In presenza di una così vistosa diversità di giudizio, l’emanazione del provvedimento penalizzante per il destinatario avrebbe richiesto l’adempimento di un onere motivazionale particolarmente pregnante, nel senso che l’amministrazione avrebbe dovuto dare conto della sussistenza dei presupposti che condizionano la legittimità del potere esercitato. In particolare, si rendeva necessario dare contezza delle circostanze che portavano ragionevolmente a concludere per l’inaffidabilità dell’impresa esclusa dalla procedura, come denotata nell’esecuzione di precedenti rapporti contrattuali.
In tale direzione, e in mancanza di spunti rinvenibili nei provvedimenti comunali, non possono apprezzarsi le argomentazioni che sono state esposte dalla difesa comunale nel tentativo di evidenziare che i disservizi cagionati dalla ricorrente si collegano a trasgressioni di forte rilievo; al riguardo corre l’obbligo di osservare che l’apprezzamento circa la gravità delle infrazioni deve essere rimessa all’esclusiva competenza dell’amministrazione procedente, esso implicando l’esercizio di poteri discrezionali, che non può essere surrogato dall’attività difensiva, né essere affidato alle valutazioni del giudice di legittimità, dovendosi oltretutto ritenere essenziale, ai fini della legittimità dell’esclusione, che questa sia preceduta da un’indagine diretta a definire il rilievo delle trasgressioni e la loro idoneità a determinare la frattura dell’elemento fiduciario.
Invece, come comprovano le concrete modalità operative seguite dalla stazione appaltante, la sola presenza di contestazioni nella pregressa gestione del servizio si è dimostrata sufficiente ex se a ritenere integrati i presupposti che legittimavano l’esclusione della ricorrente dalla trattativa privata, mentre -con evidente contraddizione- l’applicazione di sanzioni pecuniarie a carico di altra impresa non ha costituito analogo impedimento.
Ciò non può ammettersi, posto che siffatta configurazione del potere discrezionale di scelta del contraente, traducendosi in una ingiustificata forma di discriminazione, costituisce ostacolo alla più ampia partecipazione alla procedura concorsuale e concreta la violazione dei principi in tema di concorrenza.
8) Per le considerazioni che precedono il ricorso va accolto, con assorbimento dei motivi non esaminati. Per l’effetto, devono annullarsi tutti i provvedimenti impugnati.
L’annullamento degli atti travolge altresì la successiva stipulazione dei contratti con le controinteressate, da ritenersi affetti da nullità per vizio genetico del consenso, “essendosi violate le norme attinenti alla fase di scelta del contraente che nei procedimenti di formazione dei contratti ad evidenza pubblica è regolata da norme di diritto pubblico e, pertanto, imperative, con la conseguente attrazione del contratto nell’ambito di operatività dell’art.1418 primo comma cod.civ.” (cfr. CdS V 5 marzo 2003 n. 1218) o da considerarsi comunque inefficaci, in quanto l’annullamento degli atti di affidamento ha determinato il venir meno, con effetti retroattivi, dei presupposti legali che condizionano del contratto e provocato, con effetto caducante, la sua perdita di efficacia (cfr., CdS VI 5 maggio 2003 n.2332).
9) Il che introduce all’esame della domanda risarcitoria che la società ha proposto con l’atto di motivi aggiunti e ha poi illustrato nella memoria difensiva. Secondo l’esponente il diritto al risarcimento troverebbe radice in più titoli concorrenti:
9.1) in primo luogo, nella mancata proroga del contratto fino al 31 dicembre 2003 e nell’illegittima limitazione della proroga medesima al 31 ottobre 2003.
Al riguardo occorre innanzitutto osservare che la ricorrente non ha impugnato la determinazione dirigenziale n.803 dell’11 dicembre 2002, che -nel disporre la proroga del precedente contratto- ne ha limitato l’operatività al 31 ottobre 2003. Il che, per il noto principio secondo cui l’azione di risarcimento del danno è ammissibile solo a condizione che sia impugnato tempestivamente il provvedimento illegittimo, esclude in radice la possibilità di pronunciare la richiesta condanna.
Va inoltre considerato che la p.a. è titolare del potere di valutare discrezionalmente la convenienza e l’opportunità di disporre il rinnovo di un contratto in scadenza, senza che la parte privata possa vantare una pretesa alla proroga del rapporto.
Dal che l’impossibilità di riconoscere il diritto al risarcimento del danno nell’ipotesi in cui sussista un margine di apprezzamento discrezionale in capo alla P.A. tale da configurare come mera evenienza l’emanazione del provvedimento ampliativo, e come mera aspettativa, non giuridicamente protetta, quella del soggetto interessato a che tale evenienza si verifichi;
8.2) ancora per la perdita della chance connessa al mancato invito a partecipare alla procedura negoziata indetta dall’amministrazione comunale.
In proposito deve ritenersi che la pronuncia di annullamento della procedura negoziata, da cui deriva l’obbligo dell’amministrazione di procedere all’indizione di una nuova procedura concorsuale, assicuri alla ricorrente la reintegrazione in forma specifica nella situazione soggettiva, per cui non deve riconoscersi alcuna altra forma di risarcimento per equivalente (cfr CdS VI 4 settembre 2002 n.4435);
8.3) da ultimo, per il danno all’immagine che la società ricorrente assume di aver subito per effetto delle ordinanze sindacali che l’hanno dichiarata “inidonea a garantire la regolare gestione del servizio”.
Nella specie risultano tuttavia generiche le deduzioni dell’esponente circa la lesione del prestigio, che le ordinanze in questione avrebbero cagionato alla società nel settore di riferimento, non avendo la stessa offerto al giudizio elementi concreti idonei a documentare la sussistenza del discredito asseritamente subito.
Nulla infatti autorizza a ritenere che il giudizio contenuto nei provvedimenti possa aver indotto altre amministrazioni aggiudicatrici a considerare la società ricorrente non in possesso dell’idoneità professionale richiesta per l’assunzione degli incarichi in questione
Manca, quindi, ai fini della sollecitata risarcibilità del danno all’immagine la presenza del necessario presupposto integrato dall’effettiva configurabilità di un pregiudizio in capo all’odierna ricorrente.
In proposito si deve rammentare che l’effettiva sussistenza del danno e la dimostrazione della sua entità si pongono come elementi costitutivi della domanda risarcitoria e, come tali, restano soggetti al principio dell’onere della prova. Ne deriva che la pretesa deve essere sostenuta da concreti elementi probatori, riferiti ad entrambi i presupposti, ossia tanto all’esistenza del danno, quanto alla misura del pregiudizio lamentato.
Al riguardo, il Collegio sottolinea come, nel senso di richiedere la prova del danno subito, sia anche l’orientamento finora pressoché univocamente manifestato dal giudice amministrativo riguardo al risarcimento del danno nelle controversie devolute alla sua giurisdizione. In particolare, oltre alla prova della sussistenza dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta asseritamene illecita dell’amministrazione rispetto alla quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta, chi propone la domanda risarcitoria deve quantificare il danno o, quanto meno, deve indicare gli elementi oggettivi necessari alla sua quantificazione.
Tali elementi non risultano esplicitati dalla richiedente, il che conduce alla reiezione della domanda di condanna al risarcimento dei danni.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della ricorrente nella misura indicata al dispositivo.
 
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 3042/03 così dispone:
-accoglie il ricorso in epigrafe e l’atto per motivi aggiunti, per l’effetto annulla i provvedimenti con essi impugnati;
-respinge la domanda di condanna al risarcimento danni;
-condanna il comune di Cesano Boscone al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio, che liquida complessivamente in € 4.000,00, oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Milano il 22 gennaio 2004 in camera di consiglio con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano – pres. est.
Gianluca Bellucci - ref.
Daniele Dongiovanni - ref.
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il………13 aprile 2004…………
(art. 55, l. 27.4.1982, n. 186)
Il Direttore della Sezione





Dicembre 2005, n. 7058

REPUBBLICA ITALIANA N.7058/05 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 5170 REG.RIC.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 2004
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello nr. 5170/2004 R.G., proposto dal Comune di Cesano Boscone, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Filippo Lattanzi e Giorgio Roderi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, sito in Roma, via G.P. da Palestrina, n. 47,
CONTRO
Ecol Service s.r.l., (P: IVA 11485400151) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Maurizio Saladino e Roberto Colagrande, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Franco Gaetano Scoca, in Roma, Via G. Paisiello n. 55;
e nei confronti di
- Manutencoop s.c. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Manzi, Francesco Rizzo e Stefano Baccolini, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, Via F. Confalonieri n. 5;
- Spazio Aperto Servizi soc. coop. di solidarietà a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano, sez. III, 13 aprile 2004, n. 1451.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio della Ecol Service s.r.l. e della Manutencoop s.c. a r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l’art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;
Alla pubblica udienza del 15 febbraio 2005, relatore il Consigliere Michele Corradino ed uditi, altresì, gli avvocati Roderi, Lattanzi, Colagrande e Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata il TAR della Lombardia – Milano ha accolto il ricorso (iscritto al nr. 3042/2003 R.G.) con cui la Ecol Service s.r.l. aveva chiesto l’annullamento dei provvedimenti recanti la determinazione di affidare a trattativa privata il servizio di pulizia manuale del suolo pubblico e di gestione della piattaforma comunale di via Vespucci e l’affidamento dei servizi medesimi, rispettivamente alla Manutencoop s.c. a r.l. e a Spazio Aperto soc. coop. a r.l., unitamente a tutti gli atti e provvedimenti ad essi preordinati, consequenziali o comunque connessi, fra cui specificamente i contratti eventualmente stipulati con le società citate, e con i motivi aggiunti proposti dalla stessa, l’annullamento della deliberazione di Giunta comunale n.86 dell’8 luglio 2003, la determinazione del Direttore del Settore Territorio e Ambiente n. 668/03 del 6 ottobre 2003, la determinazione del Direttore del Settore Territorio e Ambiente n.733/03 del 28 ottobre 2003, la determinazione del Direttore del Settore Territorio e Ambiente n. 718/03 del 21 ottobre 2003, le ordinanze sindacali n. 17 del 31 ottobre 2003 e n. 19 del 14 novembre 2003 rese nelle more del giudizio, mentre il giudice di primo grado ha respinto la domanda di condanna al risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente dei pregiudizi patiti e patiendi dalla ricorrente a causa degli atti gravati e dei comportamenti comunali.
La sentenza è stata appellata dal Comune di Cesano Boscone che contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado.
La Ecol Service s.r.l. e la Manutencoop s.c. a r.l. si sono costituite in giudizio.
La Spazio Aperto soc. coop. a r.l. non si è costituita in giudizio.
Alla pubblica udienza del 15 febbraio 2005, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso in appello è infondato e deve essere rigettato.
1. Devono essere, innanzitutto, esaminate le eccezioni di rito rigettate dal giudice di primo grado e riproposte dal Comune appellante (eccezioni sostenute, altresì, dalla Manutencoop s.c. a r.l.).
Con la prima eccezione il Comune di Cesano Boscone si duole dell’omessa declaratoria, da parte del giudice di prime cure, della inammissibilità del ricorso proposto in primo grado dalla Ecol Service s.r.l. per il rilievo che lo stesso è stato proposto in forma cumulativa avverso due distinti provvedimenti, assunti in esito a procedure separate non connesse (il primo di tale procedimento ha per oggetto l’affidamento a Spazio Aperto Scarl del servizio di gestione della piattaforma ecologica; il secondo ha per oggetto l’affidamento a Manutencoop s.c. a r.l., con procedura negoziata fra cinque concorrenti, del servizio di spezzamento manuale del suolo pubblico).
Va primariamente rilevato che nel processo amministrativo, in assenza di una espressa disciplina dell'istituto della connessione, il principio secondo il quale il ricorso giurisdizionale deve essere diretto contro un solo atto oppure contro atti diversi ma tra loro collegati, si fonda sulla necessità di evitare la confusione tra controversie del tutto diverse, il che si verifica quando in un solo giudizio confluiscono atti che promanano da Autorità differenti, che difettino di ogni collegamento e che attengano a rapporti sostanziali diversi.
Orbene, la giurisprudenza dominante, alla quale il Collegio aderisce, ha affermato che l'esistenza di fattispecie connesse, idonee a essere proposte con ricorso cumulativo va assunta in termini di ragionevolezza, di giustizia sostanziale e di razionalità, scevra da spirito formalistico e in modo da non cagionare una superflua gravosità di adempimenti procedurali a carico di chi intenda tutelarsi avverso atti, ritenuti non legittimi, della pubblica autorità (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 03/10/2002, n. 5210, Cons. Stato, sez. IV, 22/01/1999, n. 52; Cons. Giust. Amm. Sic., sez. giurisdiz., 13/10/1998, n.620 che evidenzia le ragioni di economia processuale dell’indirizzo interpretativo condiviso; Cons. Stato, sez. IV, 10/07/1996, n. 830; Cons. Stato sez. IV, 20/12/1996, 1311; Cons. Stato, sez. VI, 07/06/1994, n. 923).
Alla luce di tale impostazione è stato ritenuto ammissibile il ricorso cumulativo contro distinti provvedimenti amministrativi, quando tra gli stessi provvedimenti sussista un vincolo di connessione che legittimerebbe la riunione dei ricorsi, ove separatamente proposti, a tutela di un medesimo bene giuridico o con riferimento ad atti di un medesimo procedimento amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 05/06/2001, n. 3015), ovvero quando tra gli atti impugnati sussista un nesso procedimentale o di preordinazione funzionale o logica, tale da rendere gli stessi i componenti di un quadro provvedimentale unitariamente lesivo dell'interesse del ricorrente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15/03/1993, n. 357).
Alla luce delle superiori considerazioni deve rilevarsi la infondatezza della eccezione avanzata dall’appellante. Invero, come correttamente affermato dal Giudice di primo grado, l’accumulo di controversie, aventi ad oggetto l’una il provvedimento di aggiudicazione, in esito a procedura negoziata, del servizio di spazzamento manuale del suolo pubblico e l’altra l’affidamento diretto a cooperativa sociale della gestione della piattaforma ecologica per il conferimento dei rifiuti, trova il presupposto nella deliberazione della Giunta comunale n. 86/2003 (essendo, invece, irrilevante la determinazione del Comune di Cesano Boscone di limitare l’operatività della proroga del servizio a favore della Ecol Service s.r.l. al 31 ottobre 2003), il che evidenzia quel nesso funzionale che giustifica la concentrazione in unico giudizio della vicenda controversa. La ricorrente in primo grado, inoltre, aveva in precedenza gestito i servizi di cui trattasi in forza di unico affidamento, sostenendo - nel corso del giudizio di primo grado - che l’amministrazione comunale aveva proceduto al frazionamento dei servizi al fine illegittimo di sottrarre il valore complessivo del loro insieme al limite di applicabilità delle procedure in economia di cui all’art. 3 D.P.R. n. 384/2001 ed evitare così il necessario ricorso alle procedure ad evidenza pubblica. Correttamente, pertanto, il giudice di prime cure ha proceduto all’esame in unico contesto processuale delle questioni sollevate con le censure racchiuse nel ricorso di primo grado e nei successivi motivi aggiunti.
Non meritevole di accoglimento è, altresì, l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancata impugnazione dell’atto presupposto costituito dalla deliberazione di Giunta comunale n. 86/2003 e la tardività dell’impugnazione che è stata proposta avverso detta delibera con i motivi aggiunti.
Merita di essere precisato che le persone direttamente contemplate nell'atto amministrativo (nella fattispecie, deliberazione di Giunta comunale n. 86/2003) a cui, a norma dell'art. 2 r.d. n. 17 agosto 1907 n. 642, deve essere notificato o comunicato l'atto stesso, non sono soltanto i soggetti menzionati nell'atto, ma anche quelli che , pur non essendo menzionati, siano in qualche modo da ritenersi destinatario del medesimo (nella fattispecie, Ecol Service s.r.l.). Pertanto, nei confronti di tali soggetti, la pubblicazione dell'atto nelle forme di rito non fa decorrere il termine per l'impugnazione, occorrendo, a tal fine, la notificazione o comunicazione individuale, ovvero la prova dell'effettiva conoscenza.
Orbene, secondo principio giurisprudenziale pacifico (dal quale il Collegio non intende discostarsi), l'onere della prova dell'avvenuta conoscenza dell'atto impugnato incombe su chi eccepisce la tardività del ricorso giurisdizionale, mediante mezzi probatori univoci e chiari, diretti ad accertare in modo certo e inconfutabile che il gravame è stato proposto dopo la scadenza del termine decadenziale (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 27/03/2002, n. 1732; Cons. Stato, sez. IV, 03/09/2001, n. 4620; Cons. Stato, sez. IV, 01/08/2001, n. 4206; Cons. Stato, sez. IV, 22/03/2001, n. 1683).
L’eccezione di tardività deve pertanto essere respinta, non avendo il Comune appellante dimostrato che la conoscenza dell’atto in questione è avvenuta anteriormente alla data in cui la deliberazione della Giunta comunale n. 86/2003 è stata prodotta in giudizio. Anteriormente alla presentazione del ricorso di prime cure, invero, alla società ricorrente in primo grado erano state trasmesse unicamente le note 28 ottobre 2003, nelle quali non è contenuto alcun richiamo alla deliberazione G.C. n. 86/2003; pertanto, rispetto alla data del 10 novembre 2003 (data in cui la deliberazione della Giunta comunale n. 86/2003 è stata prodotta in giudizio), la Ecol Service s.r.l., ha tempestivamente proposto impugnazione a mezzo dei motivi aggiunti notificati il 24 novembre 2003.
Non condivisibile è, infine, l’eccezione di inammissibilità del primo motivo di ricorso del gravame di primo grado per difetto di una condizione dell’azione, per il rilievo che la norma (invocata dalla ricorrente in primo grado) racchiusa nell’art. 24 primo comma della legge n. 289/2002 è stata abrogata con l’art. 15 decreto legge 30 settembre 2003 n.269, convertito in legge n. 326/2003.
L’eccezione, come correttamente statuito nella sentenza gravata, è del tutto priva di fondamento. Invero, la proposizione di un motivo di gravame rivolto ad ottenere la caducazione di un provvedimento amministrativo in forza di un invocato parametro normativo soddisfa la condizione dell’azione de qua agitur – denominata “possibilità giuridica” ovvero “esistenza della norma” - (si ricordi, infatti, che le condizioni dell’azione sono identificabili con i requisiti intrinseci della domanda - la cui carenza impedisce al giudice adito di pronunciare sul merito della res controversa - che si risolvono nell’affermazione da parte del ricorrente ovvero dell’attore dei fatti costitutivi affermati nella domanda; in tal senso, autorevole dottrina processualistica utilizza la locuzione “ipotetica accoglibilità della domanda”). Questione diversa è quella della vigenza di una norma o di un principio che possa avvalorare la tesi del ricorrente: ma in tal caso si tratta di una valutazione che attiene alla fondatezza dell’azione e, quindi, al merito della controversia.
2. Venendo al merito della controversia giova preliminarmente osservare che, in materia di affidamenti di servizi pubblici locali, a differenza di quanto reiteratamente sostenuto dall’amministrazione appellante e dalla Manutencoop s.c. a r.l., la disciplina generale di riferimento è quella risultante dall’art. 113 D.L.vo n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), il cui testo è stato soggetto a numerose modifiche, in primo luogo per i richiami che la Commissione UE ha rivolto allo Stato italiano (si rammenti, in particolare, la nota del 26 giugno 2002 della Commissione UE in merito alla compatibilità comunitaria delle disposizioni contenute dell’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – cd. legge finanziaria 2002 - concernenti le forme di gestione dei servizi pubblici locali), per il mantenimento, in numerosi e rilevanti settori, del precedente regime dell’affidamento diretto, così contravvenendo ai principi desumibili dal Trattato comunitario, alla stregua dei quali s’imponeva il rispetto delle regole di trasparenza ed imparzialità nella scelta del soggetto affidatario.
Va osservato, altresì, che gli incessanti interventi normativi nella materia de qua sono ascrivibili anche all’esigenza di ricondurre la normativa di rango primario alle previsioni del novellato art. 117 della Costituzione.
Deve essere, invece, negato ogni rilievo applicativo alle previsioni racchiuse nella legge n. 381/1991 e nel DPR 384/2001, fonti normative previgenti rispetto alla disciplina racchiusa nel D.L.vo n. 267/2000 e successive modificazioni ed integrazioni (che non contiene clausole di salvezza), né può avere incidenza il valore di stima del servizio da affidare o la natura solidaristica del soggetto affidatario (elementi non presi in considerazione dalla richiamata normativa in materia di enti locali).
Deve, inoltre essere ricordato che la portata precettiva dell’articolo 113 D.L.vo n. 267/2000 risulta anche imposta dal rilievo comunitario degli interessi ad essa sottesi che attengono ad una più pregante tutela della concorrenza nell’accesso al mercato della gestione dei servizi pubblici locali (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 2003, n. 2380).
Tornando alla previsione racchiusa nel citato art. 113 D.L.vo n. 267/2000, merita di essere osservato che detto articolo è stato in un primo momento modificato dal citato art. 35 L. n. 448/2001, e successivamente dall’art. 14 D.L. n. 269/2003 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326; ulteriori integrazioni sono state poi effettuate con l’art. 4, comma 234, della Legge 24 dicembre 2003, n. 350 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (cd. legge finanziaria 2004).
Il comma V della citata norma così recita: <>.
Va aggiunto, per esigenze di completezza, che l’articolo 14 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003 n. 326, ha sostituito all’articolo 113 le parole > con le parole <>.
Orbene, accanto all’affidamento mediante gara, che la riforma attuata dall’art. 35 della legge n. 448/2001 aveva configurato come unico strumento per la gestione esternalizzata dei servizi pubblici (<>), l’art. 14 del D.L. n. 269/2003 prevede altri due modelli dei quali l’uno risponde allo schema dell’affidamento in house di estrazione comunitaria, mentre l’altro reintroduce lo strumento della società mista, prevedendo l’affidamento diretto del servizio a fronte della selezione mediante procedura ad evidenza pubblica del socio privato.
Orbene, alla luce della superiore ricostruzione appare corretta la statuizione di primo grado che, dopo aver inquadrato il servizio di spazzamento delle strade comunali e il servizio di gestione della piattaforma ecologica per la raccolta differenziata di rifiuti solidi urbani, come prestazioni richieste alle imprese affidatarie rivolte alla produzione di attività riconducibili nell’ambito dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, ha statuito che l’erogazione del servizio può essere effettuato da società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica (mentre la possibilità di derogare a tale obbligo deve ritenersi consentita nelle sole ipotesi, che qui non rilevano, di affidamento diretto a società a capitale misto nelle quali il socio privato sia stato individuato a mezzo di procedure ad evidenza pubblica e di affidamento in house a società a dominanza pubblica).
Fondatamente, pertanto, il primo Decidente ha ritenuto gli affidamenti in questione disposti in violazione della suindicata normativa, che costituisce attuazione di principi generali in materia di concorrenza e che impone il ricorso a gare pubbliche per la selezione degli affidatari dei servizi pubblici (salvo per le anzidette deroghe), non ritenendosi conforme ai superiori parametri normativi neppure l’espletamento della procedura relativa al servizio di pulizia manuale strade (in esito alla quale il servizio de quo è stato affidato alla Manutencoop s.c. a r.l.).
3. In ordine alla statuizione contenuta nella gravata pronuncia concernente la ritenuta illegittimità della deliberazione della Giunta comunale n. 86/2003 per violazione dell’art. 42 del T.U. n. 267/2000 deve essere rilevata l’infondatezza del motivo d’appello.
Invero, l’art. 42 secondo comma lett. e), di detto decreto, (lettera modificata dall'art. 35, comma 12, legge 28 dicembre 2001, n. 448), attribuisce alla competenza del Consiglio comunale gli atti di <>. Ne discende che la partecipazione a società di capitali destinate a soddisfare fini pubblici, in quanto finalizzate all’esercizio di servizi pubblici locali, corrisponde, nel sistema della legge, ad una scelta fondamentale deferita all’organo di vertice, qual è nell’organizzazione comunale il Consiglio (non a caso definito nel comma 1 dell’art. 42 <>).
La legge quindi ha riservato alla competenza esclusiva dell’organo consiliare ogni determinazione circa gli oggetti dianzi indicati e, anzi, con la precisazione, contenuta nella parte finale della norma, che <>.
Invero, sulla base del criterio di riparto di competenze tra Consiglio comunale e Giunta, l’organo elettivo è chiamato ad esprimere gli indirizzi politici ed amministrativi di rilievo generale, che si traducono in atti fondamentali, tassativamente elencati nell’art. 42 D.L.vo n. 267/2000, mentre la Giunta municipale (cfr. artt. 48 e 107 del medesimo decreto) ha una competenza residuale in quanto compie tutti gli atti non riservati dalla legge al Consiglio o non ricadenti nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del Sindaco o di altri organi di decentramento.
Né può condividersi la lettura riduttiva (in merito alla latitudine contenutistica della deliberazione della Giunta comunale n. 86/2003) patrocinata dalla difesa del Comune appellante, proprio poiché – sebbene la deliberazione de qua non abbia introdotto in via immediata e diretta alcuna innovazione in punto di organizzazione del servizio di igiene urbana – essa ha in concreto tradotto un indirizzo politico ed amministrativo di rilievo generale la cui elaborazione, come sopra evidenziato, la legge riserva all’organo consiliare.
4. Si rivela, altresì, infondato il motivo di gravame con il quale l’appellante censura la pronuncia gravata nella parte in cui ha ritenuto sussistente il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà di comportamenti e disparità di trattamento per avere l’amministrazione comunale invitato a partecipare alla trattativa privata la Manutencoop s.c. a r.l., benché la stessa fosse risultata destinataria di penalità inflitte per infrazioni registrate nel corso del precedente rapporto con l’amministrazione comunale, escludendo invece la ricorrente di primo grado alla quale erano state rivolte alcune contestazioni non sfociate in corrispondenti misure sanzionatorie. Invero, risulta che a fronte di disservizi e carenze nello svolgimento del servizio da parte della Ecol Service, l’Amministrazione comunale non è andata oltre mere contestazioni, mentre alla Manutencoop s.c. a r.l. erano state irrogate delle sanzioni pecuniarie. Risulta, pertanto, evidente la violazione commessa dall’amministrazione comunale che non ha invitato alla trattativa privata la Ecol Service, sul presupposto della paventata non corretta esecuzione del contratto, mentre ha invitato la Manutencoop s.c. a r.l. le cui violazioni o disservizi avevano in precedenza assunto rilievi tali da importare l’attivazione di una procedura sanzionatoria (in luogo di una più blanda contestazione).
Alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso in appello deve essere respinto e per l’effetto deve essere confermata la sentenza impugnata.
Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, respinge l’appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 15 febbraio 2005, con l'intervento dei sigg.ri
Sergio Santoro Presidente
Giuseppe Farina Consigliere
Corrado Allegretta Consigliere
Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere
Michele Corradino Consigliere Est.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Michele Corradino f.to Sergio Santoro


IL SEGRETARIO
f.to Agatina Maria Vilardo

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13 dicembre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
F.to Livia Patroni Griffi

 


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