Vi è infine da domandarsi se sia
possibile recepire in una legge
italiana, per uniformarvisi,
l'espressione di un isolato
orientamento giurisprudenziale del
Tribunale supremo militare, in
contrapposizione totale a una
lunga e costante giurisprudenza
della Corte di Cassazione. La
citata sentenza 26 aprile 1954 del
Tribunale supremo militare ha sin
dalle prime
righe il carattere assai più di
manifesto politico che di una
decisione giudiziaria. Essa
sostanzialmente parifica, quanto a
efficacia dei relativi atti e
quanto a posizione sia sul piano
interno che sul piano
internazionale, il Governo
legittimo del "Regno del
Sud" e quello della
Repubblica Sociale sorto tra il 23
settembre e il 5 novembre 1943 nel
territorio militarmente occupato
dalla Germania (Ordinanza n. 1
dell'11settembre 1943 del M.llo
Kesselring); mentre è noto che
sia secondo i canoni
del diritto pubblico interno sia
secondo quelli del diritto
internazionale, il Governo
legittimo mantiene la propria
sovranità legale sul territorio
occupato dal nemico fino a una
eventuale debellatio o a un
eventuale trattato internazionale
che modifichi i confini.
Concludendo, il disegno di legge
in questione si trova in un
conflitto insanabile con
l'ordinamento giuridico vigente in
Italia, con il diritto
internazionale, con la stessa
Costituzione e con la verità
storica. A parte la dirimente
questione generale sopra esaminata
destano gravi perplessità, nel
disegno di legge approvato dalla
Commissione Difesa del Senato in
sede referente, alcuni aspetti
particolari fra i quali la
incertezza di contenuti dell'art.
1, dove si dice che "i
soldati, i sottufficiali e gli
ufficiali che prestarono servizio
nella Repubblica sociale italiana
(RSI) sono considerati a tutti gli
effetti militari
belligeranti". Tale dizione
non coincide con quella del titolo
di provvedimento, che parla - come
si è visto - di
"riconoscimento della
qualifica di militari belligeranti
a quanti prestarono servizio
militare dal 1943 al 1945
nell'esercito della Repubblica
sociale italiana". Ora, la
Repubblica sociale ebbe, oltre che
un esercito, anche una marina, una
aeronautica e una guardia di
finanza e par chiaro che anche
agli appartenenti a queste armi
dovrebbe estendersi, a mente del
disegno di
legge, l'eventuale riconoscimento
di belligerante. Ma che dire degli
appartenenti alle "brigate
nere" (nella denominazione
completa "corpo ausiliario
delle squadre di azione delle
brigate nere"), il cui
compito erafissato nell'art. 7 del
decreto istitutivo 30 giugno 1944
n. 446 (della RSI) in quello del
"combattimento per la difesa
dell'ordine della Repubblica
sociale italiana, per la lotta
contro i banditi e i fuori legge e
per la
liquidazione degli eventuali
nuclei di paracadutisti
nemici"? o degli appartenenti
alla Guardia nazionale
repubblicana (istituita anch'essa
- decreto legislativo del duce 24
dicembre 1943 n. 9 - con
"compiti di polizia interna e
militare") o a formazioni
volontarie quali le "SS
italiane" e altre, che
svolsero soltanto funzioni di
polizia e di formazione di plotoni
di esecuzione o di impiccagione di
partigiani?
Si profila qui un'ambiguità
interna al disegno di legge in
esame in quanto,
non facendo esso riferimento nel
testo, come invece nel titolo, a
un
esercito, apre la strada a
interpretazioni estensive
intollerabili oltre che
illogiche."
Questo lunga citazione l'ho tratta
da uno studio cui hanno
collaborato, tra gli altri, il
prof. Giovanni Conso ed il prof.
Giuliano Vassalli (presidenti
emeriti della Corte
Costituzionale).
Uscendo dagli aspetti strettamente
legali occorre svolgere alcune
considerazioni politiche.
Questo disegno di legge si svolge
tutto nel segno culturale del
cosiddetto
"revisionismo storico".
Quella complessa ed insidiosa
operazione che porta a negare
l'esistenza stessa dei campi di
concentramento e dello sterminio
di milioni di persone.
L'operazione è appunto insidiosa
perchè si innesta in un clima di
profonda non conoscenza di quel
periodo storico. Non conoscenza
voluta, cercata ed ottenuta col
silenzio e con le mistificazioni.
Il Primo Ministro o Capo del
Governo, Berlusconi insomma, non
ha mai, dicasi mai partecipato ad
una commemorazione del 25 aprile.
I fondi per la ricorrenza del 60
anniversario della liberazione
vengono negati, i libri di scuola
debbono essere modificati. Vengono
istituite "giornate" per
legge, ultima quella per la
libertà ( 9 novembre) col fine di
creare confusione, fare demagogica
propaganda. Il tutto naturalmente
in nome della ricerca di una
memoria condivisa.
Ma una memoria condivisa noi
italiani l'abbiamo già. E' la
memoria racchiusa
nella giornata del 25 aprile di
ogni anno. E' una memoria che
ricorda ed onora il sacrificio dei
tanti che combatterono, in tutti i
modi possibili, con le armi o
senza, per poter vivere in un
paese libero, per poter esprimere
liberamente le proprie opinioni.
Ed allora è interessante
chiedersi come mai venga
riproposta oggi, nel 2005, da
parte di un partito di governo
A.N. un improponibile
riconoscimento di belligerante a
chi combattendo per la RSI si rese
responsabile di crimini odiosi,
innanzi tutto contro la
popolazione italiana. Ricordo
infatti che costoro combatterono
assai poco contro le forze armate
alleate, ma molto contro il
movimento resistenziale e contro
la popolazione civile,
macchiandosi di crimini e stragi
orrende.
Rimane la sensazione sgradevole
che certe abiure, certe critiche
al regime fascista siano state
fatte solo come necessario viatico
per ottenere la possibilità di
accedere al governo. Ma dietro non
ci sia stata alcuna vera svolta.
Appena si scrosta un poco la
superficie, i valori che vengono
fuori sono ancora quelli
rappresentati da quella fiamma
tricolore che arde sulla
bara da duce, di cui il simbolo
stesso di A.N. ancora oggi si
fregia.
Walter Zucchelli
Capogruppo
Partito della Rifondazione
Comunista
Cesano Boscone, 11 aprile 2005
SULLA RIFORMA
DELLA COSTITUZIONE DELLA
REPUBBLICA ITALIANA
Povera patria! Schiacciata dagli
abusi del potere
Di gente infame, che non sa cos'è
il pudore,
si credono potenti e gli va bene
quello che fanno;
e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti
e inutili buffoni!
Queste parole non sono mie. E
l'inizio di una famosa canzone di
Franco
Battiato. Era il 1991 quando
Battiato pubblicò questo pezzo.
Ma quando il Senato, qualche
giorno fa, ha approvato la riforma
costituzionale, mi è tornata in
mente.
La riforma costituzionale. La
Carta Costituzionale. Quella che a
scuola è
chiamata la legge più importante
dello Stato, quella a cui devono
adeguarsi
tutte le altre leggi dello Stato.
La Carta Costituzionale è un
patto tra tutti i cittadini. Qui
vengono
fissate regole che valgono per
tutti. Vengono sanciti i principi
guida della
convivenza di un popolo. Infatti,
normalmente, una Carta
Costituzionale
viene scritta dopo grandi
accadimenti storici. Gli USA ne
hanno una, scritta
dopo la Guerra di Indipendenza
dall'Inghilterra, e stiamo
parlando degli
anni 70, ma del 1700, del XVIII
secolo. Hanno ancora quella.
La nostra è entrata in vigore nel
1948, dopo la seconda guerra
mondiale,
dopo la lotta di Liberazione
Nazionale, dopo la vittoria della
Resistenza
sul fascismo.
Per discuterla ed approvarla gli
italiani votarono una Assemblea
Costituente.
Questa lavorò duramente per mesi
e infine la Costituzione proposta
venne accettata da tutti.
Di quella assemblea faceva parte
gente del calibro di Togliatti,
Nenni, Dossetti, Lelio Basso,
Pertini. Fu firmata da Enrico De
Nicola, Presidente della
Repubblica, Umberto Terracini
Presidente di quella Assemblea,
Alcide De Gasperi, Presidente del
Consiglio dei Ministri. Oggi,
negli anni duemila, l'attuale
maggioranza di governo procede con
tutt'
altro stile.
Per elaborare una riforma
costituzionale che modifica
interamente la II
parte della Carta, modificando
oltre 50 articoli, manda in una
baita di
montagna quattro signori, uno per
ogni partito al governo.
Costoro anzichè dedicarsi a ciò
che normalmente si fa in baita,
mungere la
vacche per preparare il formaggio,
o prepararsi una bella polenta
innaffiandola con qualche
bottiglia di vino, si scoprono
costituzionalisti
ed elaborano quelle proposte di
riforma costituzionale che una
maggioranza
schiacciante di parlamentari ha
votato.
Riflettiamo en passant anche su
questo aspetto: una maggioranza
schiacciante di parlamentari che
non ha alcun riscontro nel Paese
reale, essendo tale solo in virtù
di una sciagurata e mai
abbastanza deprecata legge
elettorale maggioritaria..
Il ridisegno che la maggioranza fa
della costituzione, di fatto
ribalta completamente l'equilibrio
istituzionale.
La dottrina politica liberale, ha
sempre perseguito l'obiettivo
della
divisione dei poteri.
Divisione tra il potere
legislativo, che spetta al
Parlamento, il potere
giudiziario, che spetta alla
magistratura la quale risponde
solo alla Legge,
ed il potere esecutivo, il potere
che è attribuito al Governo. Il
parlamento fa le leggi, il Governo
le mette in opera, la magistratura
controlla che vengano rispettate.
Ora questo equilibrio viene
alterato. Nella proposta di
riforma della
Costituzione, di fatto il potere
viene accentrato nelle mani del
governo ed
in particolare del Primo Ministro.
Il quale Primo Ministro viene
eletto
mediante collegamento con i
candidati, quindi vanterà di aver
ricevuto una
investitura direttamente dal
popolo, ha il potere di fare
apporre la fiducia
alla Camera quando lo ritienga
utile, non potrà essere
sostituito, se non
all'interno della propria stessa
maggioranza pena lo scoglimento
della
Camera dei deputati.
Di fatto, è il primo ministro a
fare del Parlamento ciò che
vuole,
altrimenti: tutti a casa e si
rivota.
Il Primo Ministro nomina e revoca
i Ministri.
Quindi una Costituzione che
trasforma la nostra Repubblica da
Parlamentare a
Presidenziale.
Devolution. In italiano,
Devoluzione, voce dotta dal latino
medioevale,
devolvere.
Devolvere, far rotolare giù.
Trasmettere a qc. un bene o un
diritto. Demandare alla competenza
di un organo giudiziario.
Rovesciare, travolgere. Volgersi
in giù. Rovesciarsi.
Tutti questi significati li potete
trovare sullo Zingarelli
undicesima
edizione, dove li ho trovati io.
Scegliete pure quale significato
dare alla parola devoluzione, che
tanto
entusiasmo sembra far germogliare
nei giovani e meno giovani petti
padani.
Potenza delle parole.
Di fatto però il nuovo art. 117
assegna alle regioni potestà
legislativa
esclusiva nelle seguenti materie:
sanità, scuola, parte dei
programmi
scolastici, polizia amministrativa
regionale e locale, ogni altra
materia
non espressamente riservata alla
legislazione dello Stato.
Vi immaginate scuola e sanità
lombarde in mano al partito di
Bossi ?
Oppure alcuni programmi
scolastici.
Potrebbe essere introdotto
l'obbligo di studiare la storia
del Celti .
Oppure l'ora obbligatora di
bergamasco. O meglio, l'ora di
studio della
storia dei Celti, in bergamasco.
Con rispetto parlando, per i Celti
e per i bergamaschi, ben inteso.
Ovviamente il tutto condito dal
principo di sussidiarietà, che,
più o meno, significa che laddove
nessun privato, nessuna
cooperativa sociale ciellina o
meno, nessuno di nessuno insomma
abbia qualcosa da guadagnarci,
allora a fare quella cosa lì, ci
deve pensare il comune, se non ci
pensa già la provincia, o la città
metropolitana, oppure la Regione,
oppure lo Stato. L'intervento
pubblico insomma è del tutto
residuale.
Per finire, penso sia utile
suggerire al governo in carica di
aprire un
concorso a quiz su qualcuna delle
sue reti televisive (be' le poche
non in
mano all'opposizione comunista
naturalmente), un concorso a premi
per farci
spiegare se esista oggi in Italia
qualcuno che abbia compreso a cosa
debba
servire il Senato Federale e quali
siano le sue competenze.
Oppure come si procederà nella
formazione delle leggi.
Infatti, l'art. 70 assomiglia
molto al vecchio gioco della
battaglia navale,
che si faceva nelle ore più
noiose della scuola.
Un esempio? La camera dei deputati
esamina i disegni di legge
concernenti le
materie di cui all'articolo 117,
secondo comma, fatto salvo quanto
previsto
dal terzo comma del presente
articolo.
Oppure, la funzione legislativa
dello Stato è esercitata
collettivamente
dalle due Camere, per l'esame dei
disegni di legge concernenti le
materie
di cui all.art. 117, secondo
comma, lettere m) e p), e 119,
l'esercizio
delle funzioni di cui all'articolo
120, secondo comma,............e
ancora :
nonchè nei casi in cui la
Costituzione rinvia espressamente
alla legge dello
Stato o alla legge della
Repubblica, di cui agli articoli
117, commi quinto
e nono, 118, commi secondo e
quinto, 122, primo comma, 125,
132, secondo
comma, e 133, secondo comma.
Complimenti per la chiarezza.
Ma a questo punto forse i nostri
bravi quattro
neo-costituzionalisti, li
ricordate? li avevamo lasciati
lassu in baita, forse dicevo
avevano già
finito la polenta da un bel po, e
sbottigliavano alla grande.
Fuori dalle facili ironie, si
tratta di un tentativo pericoloso
di cambiare
le regole della convivenza civile
che potrebbe essere gravido di
conseguenze
anche drammatiche per l'Italia.
Viene dato troppo potere al Primo
Ministro espropriandone il
Parlamento,
viene abolito il meccanismo del
bicameralismo perfetto, senza che
siano
definiti in modo chiaro i poteri e
le competenze del Senato Federale,
vengono devolute alle regioni
materie importantissime quali la
sanità e l'
istruzione con l'effetto di
ampliare la divaricazione tra le
regioni ricche
e quelle povere.
Viene di fatto mandata in pensione
una organizzazione statale che,
bene o
male, ha retto per quasi 60 anni,
per proporne una nuova in modo
truffaldino
e coercitivo (sarà mai possibile
che un partito che non è nemmeno
riuscito a
raccogliere il 4% dei voti alle
elezioni politiche del 2001, sia
in grado di
condizionare la scrittura di una
Carta Costituzionale imponendo
scelte
sgradite anche ai propri alleati
di Governo ?) .
L'intero impianto di questa legge
deve essere respinto !
Teniamoci stretta la costituzione
del 1948, essa era talmente
avanzata da esserci invidiata (e
copiata come ha fatto la Spagna
nel 1978) da molti
altri paesi.
Ci impegneremo al massimo perchè
al referendum costituzionale,
questa
contro-riforma venga battuta dalla
maggioranza degli italiani.
Walter Zucchelli
Cesano Boscone, 11 aprile 2005
Capogruppo
Partito della Rifondazione
Comunista.
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CONSIGLIERI ALLA MOZIONE ESPOSTA
Risposta
di A.N.
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La Margherita